C’è tempo sicuramente entro la fine di luglio, ma ragionevolmente ci si potrà anche spingere oltre. E basta una lettera di diffida per interrompere la prescrizione. Edoardo Cazzato, partner antitrust dello studio legale Orsingher Ortu-Avvocati Associati, fa chiarezza in merito alla vicenda del cartello” del cartone ondulato.
La vicenda
Lo stesso avvocato Cazzato è stato coinvolto nell’avvio del caso sin dal 2016, come lui stesso racconta, in rappresentanza dell’Associazione di categoria degli scatolifici non integrati (Acis).
Nel 2017 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato avviò un’indagine sulle dinamiche di mercato nel comparto cartone ondulato.
Nel luglio 2019 ben 34 aziende furono sanzionate per quasi 300 milioni di euro. I ricorsi, avversi alla decisione dell’Antitrust, sono stati respinti prima dal Tar del Lazio e poi dal Consiglio di Stato. “Oggi seguo oltre 20 imprese che hanno deciso di avviare una causa individuale. Forte preponderanza hanno le imprese acquirenti della materia prima, i fogli, ma assistiamo anche molti acquirenti di scatole”.
Tempi e scadenze reali
Sono uscite diverse informazioni di stampa che hanno indicato il 17 luglio come scadenza per le azioni risarcitorie, ovvero cinque anni da quando è stato adottato il provvedimento da parte dell’Antitrust. Termine che l’avvocato Cazzato giudica ipercautelativo. “È una data meramente interna all’Autorità: è quella della delibera del Collegio che ha deciso sul caso. Il provvedimento, per tempi tecnici come accade per tutte le sentenze, è stato in realtà notificato alle parti ai primi di agosto 2019 ed è diventato pubblico la settimana dopo. Ci sono stati anche i giudizi avanti al Giudice amministrativo che sospendono la prescrizione in attesa della definitiva decisione dell’Autorità. Dunque ci sono ottimi argomenti per sostenere che la tagliola non sia a luglio e si possa andare anche ben oltre i primi di agosto 2024”. Non serve un atto di citazione per interrompere la prescrizione, ci tiene a precisare, è sufficiente scrivere una lettera di diffida.
“Ne stiamo facendo tante in questo periodo. Queste interrompono la prescrizione e danno modo, con tutta calma, di dedicarsi alla raccolta dei dati e informazioni o anche solo di valutare l’opportunità dell’iniziativa”.
Perché optare per la causa individuale
Ci sono aziende che hanno optato per una azione collettiva, ma secondo l’avvocato Cazzato le imprese danneggiate hanno maggiori chance di successo con un’azione individuale. “Ho avuto dieci anni di tempo per valutare entrambi gli strumenti e sono fermamente convinto che l’azione individuale sia migliore rispetto a quella collettiva. Le azioni collettive in Italia sono pochissime. L’istituto ha avuto dunque un minimo rodaggio. Andarlo a sperimentare, dopo svariati tentativi del legislatore di renderlo uno strumento funzionale, con cause di questa rilevanza, non è secondo me la soluzione migliore. La causa individuale permette un approccio tarato sulle effettive esigenze del cliente, tenendo conto dei trascorsi dell’impresa interessata, nonché dei suoi rapporti commerciali passati e presenti. Si va a quantificare un valore calcolato in relazione alla specifica posizione della singola impresa. L’azione collettiva è invece una sorta di calderone in cui confluire e il danno valorizzato non è quello del singolo ma tiene conto delle posizioni delle tante altre imprese coinvolte. Dunque ogni posizione individuale è fisiologicamente annacquata dalle contingenze della collettività. Infine, c’è il tema probatorio: l’azione individuale non è più onerosa di quella collettiva, richiedendo il medesimo sforzo nella prova del danno subito”.