Segnaliamo un’altra intervista al peperoncino (e quindi stimolante da leggere) concessa a il Fatto Quotidiano da Bernardo Caprotti, il novantenne capitano di Esselunga, l’ammiraglia della distribuzione italiana (prima azienda di settore per fatturato e per produttività). Caprotti è incontenibile come al solito (e qui sta l’originalità del personaggio). Vale la pena sunteggiare l’intervista di Alessandro Ferrucci, cogliendo qua e là gli spunti più elettrici, senza seguire l’ordine delle domande e delle risposte.
Lasciatemi cantare, non sono un italiano
Né di destra né di sinistra, politicamente Caprotti si definisce un uomo “di buon senso, un incrocio tra un bavarese, uno svizzero e la cultura inglese. Mi sento un borghese di buon senso. Il problema è che l’Italia è un paese strano dove tutto è catalogato e diviso tra destra e sinistra, anche tra chi fa la doccia e chi il bagno. Stupidaggini”. Che l’Italia sia un paese strano mi sento di sottoscriverlo con tanto di prove.
Di Berlusconi afferma: “è uno che dice quello che pensa, anche troppo. Non sta zitto. Secondo me non gli hanno consentito di governare”.
Conferma la sua stima per Pierluigi Bersani, “persona di grande intelligenza, preparata, pratica…è l’unico che è riuscito a portare qualche liberalizzazione nel commercio”.
Ricordi del Ventennio
Non manca il flash-back sul Ventennio fascista. Il suo ricordo di Mussolini che dal balcone dichiara guerra è quello di “un deficiente, un ignorante. Mia nonna francese era qua, in poche ore è stata costretta a partire, la accompagnai al treno con mio padre e mia mamma. Per sei anni non l’abbiamo più vista. Nel frattempo la parte francese della famiglia non c’era più, assassinati o deportati”.
Il Duce “mi ha sempre fatto ribrezzo. Un gigione ignorante…sa cosa mi disse mio padre nel 1935? Studia l’inglese, questi vogliono andare in guerra con la Germania, ma perderanno, gli inglesi vinceranno e tu sarai già pronto”.
Bernardo e Oscar: scintille polemiche
Ritorniamo (è meglio, in tutti i sensi) al presente. Tra Caprotti e Farinetti (l’Oscar inventore di Eataly) è…amore a prima vista: “lui è l’uomo che sa tutto, viene qui a Milano e ci insegna cos’è il food. Sa tutto di food. Vendeva frigoriferi. E’ un chiacchierone formidabile…A Torino il sindaco Chiamparino gli ha dato la sede della Campari, gratis e per sessant’anni; a Verona entra in una struttura splendida, con la ristrutturazione a spese della Cassa di Risparmio della città. Lui deve solo piazzare i suoi quattro scaffali”.
Peccatore veniale
Caprotti si definisce un peccatore (e chi fra i normali non lo è?). Al giornalista che gli chiede di specificare un peccato risponde: “Sicuramente le donne. Le donne in generale”. Non è però vendicativo, almeno stando alle sue dichiarazioni: “non mi sono mai vendicato per il male ricevuto, ciò non toglie che ne ho procurato e me ne dispiace. Certamente ho fatto del male, magari involontariamente, ma è capitato”.
Il tormentone delle Coop
Falce e carrello (un libro del 2007 di cui è uscita quest’anno la ristampa con nuova prefazione dello stesso Caprotti) è uno dei titoli più venduti (oltre 100.000 copie), un pamphlet, anzi un sassone gettato nello stagno della burocrazia e dei veti locali, come a Livorno dove “abbiamo un terreno acquistato dalla Fiat oltre 20 anni fa, ma non siamo mai riusciti a utilizzarlo”. E il problema, dice Caprotti “non sono le zone rosse, ma le coop”.