Cantina Urbana, il modello birrificio applicato al vino punta a crescere

La realtà milanese, unica a livello nazionale, è arrivata a produrre 40mila bottiglie, unendo artigianalità a convivialità e seguendo soprattutto i nuovi trend

Abbandono del legame con il terroir, niente vigneti di proprietà, basso solfitaggio (solforosa inferiore a 50 mg) e uso del legno, vini sempre più naturali, con fermentazioni spontanee, che virano verso il low alcohol (un trend che segnerà anche il prossimo Vinitaly), ottenuti con tecniche differenti. Una cartina di tornasole del cambiamento in atto nel mondo del vino è rappresentato da Cantina Urbana, fondata nel 2018 a Milano. Nata quasi per gioco, oggi produce 40mila bottiglie e punta a espandersi.

Tra le nuove etichette anche un Orange wine che sa di tè

Il sistema è raccontato dal founder, Michele Rimpici, ex consulente per diverse aziende vinicole e un passato anche come export manager per Cavit, che incontriamo durante la presentazione delle nuove etichette (imbottigliate a marzo 2024), le cui uve vengono acquistate nella zona di Montalto Pavese, nell’Oltrepò, e vinificate nella Winery di Via Ascanio Sforza, lungo il Naviglio Pavese. Etichette tutte da lieviti indigeni. Ovvero Milano Organic 2023, un Bianco e un Rosso bio che rappresentano degli entry level, i vini di tutti i giorni: il Bianco è ottenuto da un blend di Riesling Italico e Pinot Grigio, il Rosso, da uve di Croatina e Barbera; Bianco King 2023, Chardonnay in purezza vinificato in acciaio e affinato in barrique con il metodo bâtonnage; Ringhio Orange 2023,  un Orange Wine, da uve 100% Riesling, con macerazione in anfora di terracotta (al gusto richiama un infuso al tè verde). E infine Barbera 2023-Make Your Wine, senza etichetta, pensato per le degustazioni in Cantina e come taglio per la creazione di vini esclusivi.

New York insegna

“A Brooklyn ho visto ragazzi che facevano il vino in un magazzino, ho cercato uno spazio a Milano e ho mutuato un concetto simile -racconta-. Siamo a Milano sud e l’Oltrepò ci permette di gestire la logistica e rappresenta la nostra produzione più importante per volumi: facciamo Barbera, Croatina, Pinot Nero, Riesling e Chardonnay. Ma non siamo legati al territorio e possiamo sperimentare.  Ė un modello misto, fatto sia comprando uve per trasformarle a Milano, sia comprando basi vino, sia facendo produrre vino in conto terzi, con la cantina di Milano che può anche funzionare per le ultimi fasi della produzione, come filtrazione, solfitaggio e imbottigliamento”. Nelle 13 referenze si trovano così vini che oggi rappresentano dei trend come il Nerello Mascalese dell’Etna, classici come il Nebbiolo della Langhe, il Verdicchio dei Castelli di Jesi e riscoperte come l’Ansonica dell’Elba. “Ci posizioniamo come vino artigianale fresco, quello che produciamo lo vendiamo abbastanza in fretta. Il modello è direct-to-consumer”.

Da Carrefour a Cortilia

Con 4 locali a Milano, tra cui la Winery, la dark kitchen e i due Winebar in Porta Romana e De Angeli, Cantina Urbana, punta su artigianalità e convivialità, si rivolge soprattutto a un pubblico giovane ma non giovanissimo, in leggera prevalenza  femminile. Ed è significativo lo spostamento verso un vino il più possibile naturale, a cominciare dall’uso delle fermentazioni spontanee e basso o nullo utilizzo dei solfiti, macerazioni in anfore, etichette disruptive con attenzione all’ambiente (alcune sono  bio e il packaging ha il 30% di vetro in meno), produzione artigianale a vista e comunicazione anticonformista.  “Per la distribuzione durante il Covid abbiamo fatto un progetto con Carrefour che è durato 3 mesi. Oggi lavoriamo con Cortilia, nostro cliente storico, poi le piattaforme classiche come Tannico”.

Più low che zero alcohol

Rimpici ci tiene però a sottolineare che la filosofia non è integralista: “Non siamo talebani sui lieviti, usiamo anche quelli selezionati. Oggi si vendono rossi più leggeri, meno strutturati, usiamo barrique di terzo passaggio acquistate a Bordeaux che smussano il tannino e non danno aroma di tostato. Stiamo cercando di fare anche del low alcol con un Riesling, tenendolo a dieci gradi: il nostro Ringhio raggiunge oggi 12 gradi e lo vogliamo gestire nel vigneto con minore tasso alcolico a ogni vendemmia. Sui low alcool e low calorie c’è molta attenzione, credo sarà un trend. Il dealcolato è invece un processo artificiale che abbassa la qualità del vino al gusto, si aggiungono additivi: è più un prodotto industriale”. Che il modello sia replicabile e scalabile potrebbe essere una sfida. “Ci piacerebbe ampliare la produzione con un altro spazio a Milano e avere un presidio su Milano nord”. Una rete di cantine urbane? “Se qualcuno ci mette i soldi, volentieri”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome