Alberto Moretti è un uomo Conad e su questo non ci sono dubbi, ma da un mese o poco più è diventato un socio Conad: lasciato il ruolo di manager che ricopriva da tempo a livello nazionale, ha scelto la strada dell’imprenditoria e lo ha fatto da pioniere con il primo IperConad.
Come mai questa scelta?
Compi 50 anni e provi a fare un bilancio: forte di un’esperienza di oltre 25 anni nel mondo del retail, ti chiedi che cosa farai nei successivi cinquant’anni. Consapevole che il retail non è fatto solo di indirizzi strategici, governo di processi e di persone, ma anche di punto di vendita, prodotto e relazione, inizi a pensare che forse è tempo di affrontare una nuova sfida. E questa di IperConad l’ho sentita subito mia: un ipermercato (poi diverranno sei) non solo cambia insegna ma ne indossa una nuova, che segna una sinergia più ampia tra Conad e Finiper.
Una scelta di vita, condivisa con la mia famiglia, con mia moglie, che ha lasciato la sua attività … lei sì che nasce imprenditrice … e adesso lavora con me. Si è trattato anche di un ritorno a casa perché sono veneto, ma da vent’anni “casa” è a Rimini.
Un cambio di cappello non da poco: da manager al servizio dei soci imprenditori a socio imprenditore …
In realtà è perfettamente coerente con il modo di fare impresa di Conad: il socio imprenditore è in cima alla nostra piramide strategica e noi, anche in qualità di manager, abbiamo sempre operato per accrescere questo valore, perché solo attraverso il suo successo era misurabile anche il nostro. Essere socio significa essere commerciante, imprenditore, manager; significa assumersi il rischio d’impresa, con la fortuna, però, ogni giorno di toccare con mano, poter misurare subito i risultati.
Quanto ci hai messo a prendere questa decisione?
Poco: in tutto e per tutto sono e resto Conad, non ho cambiato bandiera; lavoro per la stessa azienda con un ruolo e una responsabilità diverse, in un contesto differente che non è l’ufficio, ma il punto di vendita.
La decisione pertanto è stata naturale e gestita in una logica di continuità rispetto a quello che facevo prima e quello che faccio da dieci giorni a questa parte.
Come hai convinto tua moglie?
Lei già nasce da una matrice imprenditoriale, ha già un vissuto di questo tipo, per cui non ho trovato nessun tipo di ostilità. È evidente che fare un lavoro implica un certo grado di sacrificio, fare quest’altro non diminuisce il sacrificio.
E lei rimane nel parcheggio vuoto la notte … ad aspettarti?
Tu scherzi, ma ti assicuro che gli spot di Conad non sono per nulla esagerati nel ritrarre gioie e preoccupazioni dei soci.
Più seriamente, quando costruisci qualcosa, lo fai anche pensando a cosa vuoi lasciare ai tuoi figli; è un progetto personale, imprenditoriale e familiare importante, perché riesci a mettere in fila obiettivi e aspettative più ampi. Ad oggi, siamo molto contenti e anche impegnati nel portare avanti l’iniziativa.
Uomo Conad, socio Conad: cosa cambia nel lavoro pratico?
Partiamo dal presupposto che se prima c’era una competenza manageriale, che serviva a governare processi, obiettivi, presidiare dei tempi, armonizzare delle persone affinché lavorassero in modo integrato per raggiungere un determinato scopo, il fatto di essere socio significa metterci anche l’imprevisto. Cuore e passione: la capacità di saper interpretare in tempo reale segnali che arrivano dal cliente o dal territorio, da mille sfumature che ogni giorno ti trasmette il tuo negozio.
In questi giorni, viaggiamo con una media di 6.500 clienti, non dico che ogni cliente trasmetta una storia, ma ciascuno porta delle esigenze e dà uno stimolo. Ci sono oltre 200 dipendenti, sono 200 famiglie, che raccontano le loro preoccupazioni e aspettative, le loro soddisfazioni, un’esperienza che ti mette in contatto diretto con i territori in cui operi e ti completa come persona. Costa sacrificio, ma gratifica come arricchimento personale.
Parliamo dell’insegna … IperConad: Finiper e Conad, insieme.
La responsabilità di avere sopra il tetto l’insegna IperConad io la sento, ma la devono sentire anche tutti coloro che lavorano con me, perché l’obiettivo è 1+1= 3. L’esercizio è far sì che i valori di entrambe, mixati, in un canale complesso come quello degli ipermercati, possa generare la chimica e il valore necessari per stare sul mercato.
Hai condotto con questo cambiamento Marco Brunelli e Francesco Pugliese.
Sì, è un elemento che mi gratifica e mi responsabilizza: sappiamo tutti che è una sorta di startup che vogliamo monitorare e misurare in una logica di prospettiva futura.
Che caratteristiche ha questo connubio?
Conad ha la gestione commerciale e imprenditoriale dell’ipermercato, Iper, invece, è il proprietario dell’immobile.
Ma ovviamente la realtà è più articolata di così: intanto, sappiamo che Iper ha una grande competenza nell’area dei freschi e delle lavorazioni, indiscussa e riconosciuta nel mercato, con l’aggiunta della capacità di presidiare alcuni settori merceologici estremamente importanti e significativi per il cliente.
Conad, dalla sua, ha una importantissima forza commerciale (infatti, abbiamo abbassato i prezzi di oltre 2.000 prodotti), cui si aggiunge la potenza del prodotto a marchio, il tutto gestito da una grande efficienza organizzativa in termini sia di servizi logistici sia di gestione operativa del punto di vendita. Nella capacità di Iper c’è stata, e c’è, anche la capacità di generare valore su alcuni mercati critici nell’extralimentare: insieme abbiamo costruito delle partnership con player esterni, come quello con Unieuro nell’elettronica di consumo.
Il non food rimane ancora l’aspetto più critico per l’ipermercato.
Un ipermercato, parlo di una superficie medio-grande di 7.500 mq come questa, per essere tale deve avere al suo interno più settori. La crisi dell’ipermercato nasce non tanto per la presenza di molti reparti, ma perché ogni reparto del nuovo ipermercato deve essere un elemento riconosciuto di eccellenza da parte del cliente; altrimenti meglio non averli.
Quali siano, forse poco importa, o meglio sta a noi la capacità di individuare i comparti sui quali costruire elementi di differenziazione, distintività piuttosto che di traffico, che siano. Di fatto, se vengo riconosciuto come un negozio con un reparto distintivo in una città come Pesaro, il cliente non mi giudica più come ipermercato, ma come negozio che, al suo interno, ha quegli spazi dove si comunica eccellenza, assortimento, qualità, prezzo. E il prezzo è volutamente in fondo alla lista: perché non è la leva che fa stare sul mercato questi settori ma il loro mix merceologico.
Prima la tua sede di lavoro era a Bologna, ma eri sempre in giro … Com’è tornare a casa tutte le sere?
Da manager tornavi a casa e pensavi: “Per oggi ho fatto, vediamo domani cosa c’è in agenda”. Adesso, l’agenda è sempre bianca: è tutto concentrato all’interno di questo cubo (l’ipermercato, ndr). Non che non si dorma la notte, ma si pensa ... quante persone ci sono dentro, cosa stanno facendo, chissà se hanno dei problemi ...
Una figura di imprenditore alla quale ti ispiri?
Nella mia esperienza ho avuto titolari e imprenditori, che mi hanno insegnato tanto, sia quando ho lavorato in Pam, sia in Conad. Non nascondo che la possibilità di frequentare Marco Brunelli mi ha dato quegli ulteriori stimoli, riflessioni e considerazioni che solo una persona della sua caratura può dare.
La capacità di guardare il dettaglio, la perfezione delle cose, intuire, cogliere i segnali di sviluppo di nuovi mercati e prodotti: sono queste le sensibilità che ti porti dietro. Lui è il modello, lo è per tutti; frequentarlo e sentirlo spesso è uno stimolo ancora più importante.
Come l’ha presa Francesco Pugliese?
Come si è sempre descritto, Pugliese è una persona leale, corretta e trasparente. Abbiamo parlato, ha capito, non mi ha detto niente per un po’, poi mi ha chiesto se ero realmente convinto; quando ho detto sì, lui ha confermato, dicendo di essere contento perché sono la persona giusta. Per me è stato il miglior capo che potessi avere, fino alla fine, anche in quest’ultimo passo.
Com’è non avere più un capo?
Veramente, adesso di capi ne ho tanti: i clienti.