Non è possibile, per Burger King, quantificare le perdite in termini di fatturato causate fino ad oggi (marzo-aprile 2020) dal confinamento domiciliare imposto alla popolazione italiana. Ce lo conferma Andrea Valota, amministratore delegato della catena: "Le perdite sono importanti, considerata la pressoché totale chiusura della nostra intera rete; tuttavia in questo contesto ritengo sia più produttivo concentrarci sul futuro, per una ripartenza in piena sicurezza e che ci permetta appunto di recuperare il più velocemente possibile il terreno perso in questo periodo".
Allora, concentriamoci sul domani. Fase 2: come si sta preparando Burger King alla ripartenza del settore?
Abbiamo investito questo periodo di forzata chiusura per prepararci al meglio alla ripresa. Dopo avere innalzato i già rigidi standard di sicurezza e igiene, e sanificati i nostri locali, stiamo via via riaprendo i ristoranti ripartendo dalle consegne a domicilio. La maggior parte dei nostri franchisee ha aderito alla chiusura; adesso stanno riaprendo insieme a noi nelle stesse modalità. La parziale riapertura in modalità home delivery, oggi di circa 40 ristoranti su 220, ci permette di tornare a servire almeno una piccola parte dei nostri clienti. In previsione di una riapertura al pubblico, abbiamo intensificato le procedure di pulizia e sanificazione quotidiana dei ristoranti, delle cucine, delle superfici delle attrezzature, garantendo ai nostri dipendenti mascherine e guanti monouso. Inoltre abbiamo già previsto procedure di distanziamento tra dipendenti, tra dipendenti e clienti, e tra i clienti stessi, anche grazie ad attrezzature specifiche studiate per l’occasione. Mi auguro si consentano altre modalità di somministrazione sicura, come l’asporto tradizionale e in particolare l’asporto in auto (drive-through), sistemi che garantiscono acquisti totalmente senza contatto, e un servizio sicuro durante tutta la giornata.
Quanti locali Burger King prevede di riaprire da qui alla fine dell'anno e in quali modalità?
Stiamo chiaramente dando la precedenza alla riapertura dei locali con servizio di consegna svolto da partner esterni. Al momento abbiamo circa 40 punti di vendita aperti, e il numero è in costante aumento giorno dopo giorno. Dove possibile cercheremo di attivare nuove partnership anche per i ristoranti che non hanno ancora questo servizio, per poter essere ancora più capillari e vicini ai nostri clienti. Ci auguriamo, con la fase 2, di sfruttare tutte le modalità di vendita, asporto, drive thru e consumo sul ristorante, in maniera controllata e distanziata, così da riaprire al più presto tutti i locali.
Come impatterà la nuova strategia di ripartenza sul personale?
In questo periodo di lockdown abbiamo sfruttato la modalità di apprendimento remoto (distance learning) per corsi di aggiornamento e formazione specifica al personale su come affrontare l’emergenza e la riapertura; inoltre tutti gli spazi in cucina e alle casse sono stati ripensati in chiave distanziamento tra dipendenti, e tra dipendenti e clienti. Per quanto riguarda i posti a sedere riservati alla clientela, quando potremo riaprire i ristoranti al pubblico, ci adopereremo per ridurre il rischio assembramenti sia all’esterno che all’interno del ristorante, garantendo un corretto distanziamento tra un cliente e l’altro, oltre che una continua pulizia delle superfici. Ciò significa che le nuove modalità di consumo dovrebbero garantire nuove opportunità ai nostri dipendenti.
Quali sono le principali differenze, in termini di gestione dell'emergenza, tra Italia e altri mercati europei o mondiali secondo l'esperienza di Burger King?
L’emergenza è stata gestita diversamente dai vari governi e così hanno fatto i ristoranti del gruppo nei diversi paesi. In Europa a quasi tutti è stata imposta la chiusura affinché si potessero applicare le misure di sicurezza necessarie per tornare all’operatività cosa che sta accadendo gradualmente secondo le normative vigenti: in alcun casi solo attraverso il delivery, in altri già con asporto e corsia drive. Per quanto riguarda l’Italia, Burger King non ha aspettato che il Governo imponesse la chiusura con il primo Dpcm, ma abbiamo scelto di farlo autonomamente prima per il senso di responsabilità che abbiamo nei confronti dei nostri dipendenti e clienti.