Branding immersivo nel metaverso: l’esperienza virtuale rafforza la marca

I principali fattori che i brand manager devono considerare per influenzare positivamente l’engagement verso il virtuale e migliorare i risultati

Sono sempre più numerosi i consumatori che amano trascorrere una parte della loro giornata immersi in ambienti virtuali abilitati dalla realtà virtuale 3d, i cosiddetti metaversi. In pochi anni, piattaforme come Roblox, Decentraland e Fortnite hanno raggiunto circa 400 milioni di utenti attivi in tutto il mondo. Di questi, oltre il 40% appartiene alla Generazione Z, particolarmente propensa a interagire con i brand presenti nei nuovi habitat digitali. Tra i brand che hanno esplorato per primi le opportunità emergenti in termini di innovazione e arricchimento della brand experience, si è distinta Nike, con “Nikeland” su Roblox e “Jumpman Zone” (Nike Jordan) su Fortnite, dove i consumatori sono stati accolti nel mondo virtuale della marca e intensamente coinvolti in esperienze di interazione e co-creazione, attraverso il ricorso ad avatar personalizzati e a narrazioni altamente immersive.

In questi nuovi ambienti, le strategie di branding possono essere indirizzate alla creazione di maggiori livelli di coinvolgimento dei consumatori rispetto al contesto mediale. Non è, tuttavia, ancora del tutto noto come ciò si possa realizzare efficacemente. Quindi, con l’obiettivo di comprendere quali possono essere alcuni tra i principali fattori che i brand manager dovrebbero progettare e gestire per influenzare positivamente l’engagement verso l’ambiente virtuale e, allo stesso tempo, raggiungere migliori risultati di marca, è stata svolta una prima ricerca qualitativa su utenti GenZ di “Jumpman Zone” di Jordan presso il Dipartimento di Management di Sapienza Università di Roma.

Lo studio ha evidenziato che il fattore percettivo più rilevante da gestire consiste nell’immersione da parte dell’utente. I consumatori che vivono l’esperienza nel mondo virtuale di Jordan percepiscono di essere ‘immersi’ sotto diversi profili. In primo luogo, gli utenti provano un senso di profonda concentrazione, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio fisico circostante (absorption). Inoltre, gli stimoli sensoriali ricevuti nel metaverso di marca sembrano simili a quelli reali, con la sensazione di muoversi davvero nell’ambiente 3d (realism). Infine, l’immersione viene associata a un senso di piacere e attivazione emozionale positiva (enjoyment). Lavorando su queste tre dimensioni del branding immersivo, i marketer possono aumentare il livello di profondità di immersione percepita (deep immersion).

Questo risultato è associato allo sviluppo dell’engagement verso l’ambiente virtuale e al miglioramento dei risultati di marca. Solo un senso di immersione profonda consente, da un lato, il pieno sviluppo di engagement multidimensionale (cognitivo, affettivo e comportamentale), e, dall’altro lato, l’identificazione dell’individuo con la marca e il rafforzamento dell’immagine di marca. Invece, quando la percezione di immersione si rivela debole, l’engagement è parziale, rimanendo assente la componente emozionale, e pure i risultati di marca sono limitati al ricordo e all’immagine di marca, senza riguardare l’identificazione psicologica con il brand. Attenzione però: queste potenzialità posso concretizzarsi solo se l’utente prova ex ante un positivo atteggiamento verso il brand. Difatti, nello studio citato, gli utenti con un atteggiamento di partenza negativo verso Jordan, non solo non si sono sentiti immersi, ma hanno anche riferito un debole engagement esclusivamente comportamentale, con una completa assenza di risultati di branding.

* Sapienza Università di Roma Dipartimento di Management

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