Brand positioning, le Pmi a scuola di marketing

Per identificare l'idea che fa la differenza occorre una razionale valutazione dei concorrenti e del mercato nonché una sensibilità creativa (da Mark Up n. 262)

Prima di tutto il posizionamento. Negli ultimi anni è tutto un fiorire di proposte di azione accompagnate dal suffisso marketing, ma nel decidere quale investimento fare si sta operando una scelta tattica. È importante ricordare che senza aver capito quale posto si occupa nella mente del consumatore e come si può conquistare un territorio fra i mondi immaginati dagli utilizzatori di un prodotto ogni scelta operativa sarà fallimentare. Si chiama brand positioning il modello strategico utilizzato dalle multinazionali, ora da far capire anche alle imprese italiane, che permette di facilitare al consumatore la scelta rendendo semplice individuare il messaggio per lui più significativo sul brand. Se la battaglia avviene nella mente dei clienti, conviene conoscerne le strade, i divieti, gli accessi, tutto quello che ne forma la mappa, perpoter scalare quelle montagne che, secondo la metafora utilizzata da Ries e Trout in Marketing Warfare, simbolizzano le categorie merceologiche su cui piantare lapropria bandiera. Abbiamo approfondito con Marco De Veglia, consulente di marketing ed esperto in brand positioning, alcuni dei temi trattati nel suo ultimo libro, che già dal titolo (Zero Concorrenti. Come usare il Brand Positioning per differenziarti e farti cercare dai clienti) lancia un messaggio chiaro: in un mercato affollato vanno conquistati territori ancora inesplorati fra i bisogni del cliente.
Cosa può imparare il marketing tradizionale dal web marketing?
Il focus sulla misurabilità e in generale sul marketing diretto. Credo che il web marketing abbia portato il marketing diretto a diventare mainstream e non più una nicchia strana legata alla “vendita per corrispondenza”. Su internet tutto è marketing diretto e poiché sempre più marketing si sta spostando sul digitale credo che sia un processo che il marketing tradizionale deve considerare. Per contro, il web marketing dal marketing
tradizionale può imparare tutto l’enorme bagaglio di esperienza sullo studio del
consumatore e in generale su un approccio sofisticato a “cosa dire” e a “chi dirlo”.
Ancora oggi, chi fa web marketing non ha spesso le basi di marketing che sono
invece cosa normale nei professionisti del marketing tradizionale. È vero che molte regole sono state rivoluzionate dal web marketing, ma altre no e sarebbe bene conoscerle.
Per mantenere il brand positioning quanto è importante saper dire di no?
È importantissimo. È quello che io chiamo “Test dei limiti”, ovvero avere dei limiti
per il proprio brand, delle cose che non facciamo o che non siamo. Appunto, dei “no” che diciamo al mercato. Questo significa rinunciare a opportunità di vendita? Non necessariamente. Significa, prima di tutto, proteggere il proprio brand positioning che, come il carattere di una persona, non deve essere una bandiera al vento. Solo in questo modo una persona ha una sua immagine e un suo ruolo nel suo gruppo di pari. Lo stesso accade per un’azienda. Tuttavia, le opportunità di vendita possono essere colte usando altri brand o partnership.
Una volta posizionato il brand è meglio approfondire l’investimento sulla creatività o sulla distribuzione delle campagne e la generazione di contatti?
Come dico spesso, bisogna avere un’idea differenziante creativa espressa anche in modo banale, non un’idea differenziante banale (o, peggio, sbagliata) espressa in modo creativo. Lo dico da ex-pubblicitario, spesso le agenzie pubblicitarie, ovvero gli specialisti dei servizi di marketing, non aiutano l’azienda focalizzandosi sulla creatività pubblicitaria a discapito della correttezza strategica. Spesso l’agenzia propone solo creatività, senza seguire (o capire) le basi strategiche aziendali. Credo che l’investimento -se il tipo di business lo permette- in lead generation, ovvero generazione di contatti, sia oggi veramente determinante investendo in internet marketing, il miglior media per il marketing diretto e la lead generation. È proprio la combinazione tra brand positioning, e lead generation/marketing diretto che oggi può fare la differenza nel marketing delle aziende di ogni dimensione, ma certamente in quello delle Pmi. Una combinazione di strumenti che, sino a pochi anni fa, non era disponibile.
Quanto sono utili nel brand positioning le metriche e le analisi dei dati? Non rischiano di chiudere in schemi troppo definiti e frenare l’immaginazione per inventarsi nuovi mercati?
Per la mia esperienza le metriche e le analisi dei dati che servono sono sia quantitativi che qualitativi, ma il secondo tipo di dato è quello che probabilmente è più utile. Credo che la parte qualitativa sia importante nella prima fase di valutazione del mercato, per capire se ci sono concorrenti (ovvero se ci sono brand concorrenti nella testa dei potenziali clienti), che quote hanno, cosa dicono, cosa fanno. Qui si può essere quantitativi quanto si vuole, anche se alcune informazioni su “cosa c’è nella testa” richiedono sempre una sensibilità qualitativa. Nella fase di definizione del brand positioning credo si sviluppi la parte più qualitativa e creativa: individuare l’idea differenziante è un processo iterattivo che richiede sensibilità anche linguistica. Infine, la terza fase dell’analisi dei dati è quella più classica e usata normalmente: metriche di marketing e metriche di business. Quindi in conclusione il brand positioning richiede sia un’obiettiva valutazione dei concorrenti e del mercato, sia una sensibilità creativa a capire i segnali soft e identificare l’idea che fa la differenza. Come tutto nel marketing, un po’ scienza, un po’ arte.

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