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Proporre i propri vini in bottiglie
di vetro di capacità
diverse dal classico 75 cl serve
davvero? Il fatto che il vino sia
destinato a una bottiglia da 75
cl, da 25 cl o da 3 litri non cambia
molto le operazioni svolte
dal responsabile di cantina.
L’unica correzione da apportare
riguarda il dosaggio dell’anidride
solforosa. Nei piccoli formati
(25 - 37,5 - 50 cl) il rapporto
spazio di testa/volume del vino
è leggermente superiore, questo
fattore potrebbe in teoria
accelerare l’ossidazione del vino,
alcuni enologi considerano
pertanto di aumentare un po’
la concentrazione della SO2, altri
lo ritengono inutile perché
la rotazione a scaffale dei piccoli
formati è solitamente molto
più rapida rispetto a quella dei
formati standard. Un po’ più
di SO2 anche per i grandissimi
formati (3 - 6 - 9 litri) giustificata
da un collo della bottiglia più
ampio e quindi da una maggior
superficie di contatto tra
vino e ossigeno. Leggermente
più complessa la situazione per
l’imbottigliatore: perde tempo
per i cambi formato, deve ordinare
e stoccare bottiglie, capsule
e tappi di dimensioni diverse.
Ha poi il dovere di differenziare
il lettering delle etichette,
di stamparle e stoccarle separatamente.
Non si tratta in
ogni caso di ostacoli insuperabili
se si ha una linea di imbottigliamento
sufficientemente
flessibile o di due linee una
settata sempre sul 75 cl e l’altra
per i piccoli e grandi formati. Si
può inoltre decidere di ricorrere
a un’unità di imbottigliamento
mobile.
I contenuti dell'articolo
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