"Bitcoin is decentralizing money, BitClout is decentralizing social", queste le parole che campeggiano nella sua homepage con cui vuole presentarsi e definire la sua ragion d’essere, quello che è, da qualche settimana a questa parte, stato definito il social network delle cripto valute. La piattaforma in questione si chiama BitClout ed è stata a più riprese definita il social network delle criptovalute, e “not a company” come, in aggiunta, si autodefinisce nel white paper di presentazione la stessa piattaforma. La paternità del progetto è di un certo “DiamondHands", che pare essere (non l’ha mai personalmente confermato probabilmente per rifarsi allo spirito di Satoshi Nakamoto, identità misteriosa dell’inventore dei Bitcoin) Nader Al-Naji, un ragazzo quasi trentenne, alumno della prestigiosa università di Princeton ed ex-dipendente di Google, che già da anni si muove – con risultati alterni – nell’ambito cripto.
BitClout si fonda sul concetto di speculazione applicato ai meccanismi di funzionamento dei social media, tanto che dal già citato white paper esplicativo si desume la seguente logica alla base del suo modus operandi: combinando correttamente la speculazione monetaria con i social media, non solo si ottiene un nuovo prodotto che crea modi innovativi per i creatori di monetizzare grazie ad un modello di business totalmente nuovo, e che non si basa sugli annunci. Per raggiungere questo obiettivo, BitClout dichiara appunto di ispirarsi a Bitcoin ed Ethereum, piattaforme che hanno preso un ecosistema che era fondamentalmente chiuso, vale a dire il sistema finanziario tradizionale, e hanno dimostrato che la creazione di un'alternativa più aperta, accessibile a chiunque lo desideri, porti – a parere di BitClout – a significativi vantaggi per concorrenza e innovazione.
Fatta questa premessa basata sulla stessa presentazione rilasciata da BitClout, si nota come il social di riferimento sia Twitter, con profili su cui si possono pubblicare aggiornamenti e vedere feed degli account che si seguono, il tutto tecnologicamente supportato dalla tecnologia blockchain, per cui non dovrebbe esserci un'autorità centrale in grado di controllare i contenuti.
La sorta di “novità” risiede, però, nel fatto che ad ogni profilo sulla piattaforma è associata una sua moneta, che chiunque può acquistare e vendere. Tali “token BitClout” perdono o assumono valore in base alla reputazione sociale della persona “in vendita”. Le persone reali diventano, quindi, un asset economico, il cui valore oscilla in base alla sua credibilità e alla fiducia capace di generare. La mossa iniziale di BitClout è stata, poi, quella di modellare la sua piattaforma sulla base di profili Twitter reali di persone influenti (ad oggi più di 15.000), che si sono visti già presenti sulla piattaforma con il loro valore potenziale, senza averne dato espresso consenso.
La vera domanda dietro BitClout, quindi, è più etica che economica. Secondo le FAQ pubblicate dal social network, ogni influencer/celebrity può rivendicare il proprio account semplicemente twittando la propria chiave pubblica BitClout, avendo così accesso ai propri dati sul sito e ad una percentuale dei Creator Coins associati al proprio profilo. Seguendo la teoria alla base della piattaforma, per cui appunto se una persona importante diventa più popolare, aumenta anche il valore della sua cripto valuta; mentre, se la loro reputazione ne risente, ad esempio a causa di uno scandalo, il valore diminuisce, di fatti nasce una sorta di mercato azionario umano su blockchain. Secondo questa metrica, la persona più preziosa attualmente sulla piattaforma è il fondatore di Tesla Elon Musk. Seguono personaggi come la pop star Ariana Grande, lo YouTuber Logan Paul e "DiamondHands", il fondatore di BitClout, il già citato Nader al-Naji.
BitClout è oggi al centro di un aspro dibattito tra diverse fazioni di osservatori e utilizzatori. Per alcuni, anche esponenti di spicco della comunità delle cripto valute, si tratterebbe di una sorta di truffa, senza contare il già menzionato aspetto etico. C’è qualcuno che lo ha descritto come "NFTs for people", Non Fungible Token per persone, ovvero come sorta di certificati “di proprietà” basati sulla tecnologia blockchain e avvalorati dalla fiducia intercorrente fra il venditore e l’acquirente, che al posto di fare riferimento ad artefatti digitali, fondano la loro ragion d’essere sulla reptazione delle persone. Una possibile deriva di tutto ciò, è che questa monetizzare i creator, che è – ad oggi – qualcosa di completamente nuovo, potrebbe avere importanti conseguenze a livello psicologico e sociale. I prossimi mesi sicuramente permetteranno di ricavarne un quadro più preciso dei meccanismi e degli impatti.