Un lungo percorso quello di Birra Peroni per arrivare ad essere oggi una realtà industriale italiana solida e dinamica, capace di guardare a nuovi orizzonti di crescita. È il 1846 quando Francesco Peroni si trasferisce a Vigevano, apre un piccolo birrificio e inizia a vendere il suo prodotto in un locale accanto alla fabbrica. Da allora, lo sviluppo è costante, con il boom di consumi birrai negli anni Cinquanta anche in Italia, il mito della bionda ideato da Armando Testa negli anni Sessanta, fino all’ingresso nel gruppo SABMiller, che tra il 2003 e il 2005 connota definitivamente l’azienda come globale.
Oggi, Peroni compie un ulteriore passo avanti, intraprendendo una strada che porta al rinnovamento della brand image in senso young e moderno. Mentre da un lato si migliorano gli indicatori di sostenibilità, dall’altro si punta ad un’estensione che coinvolge parallelamente target, occasioni di consumo e prodotto. Prima il lancio della versione Chill Lemon ad aprile 2014, che con una bassa gradazione e un gusto rinfrescante entra nel mercato estivo e risulta particolarmente apprezzata dal pubblico femminile. Poi l’arrivo di Peroni Forte a dicembre 2014, che con un contenuto alcolico di 8 gradi si propone alla fascia del dopo cena.
"Il concetto su cui si sviluppa la nostra brand extension è l’associazione della nuova offerta con momenti di consumo e socializzazione della vita quotidiana, non per forza legata al food", sottolinea Daniel Grass, Marketing & Innovation Director Birra Peroni.
In tutti casi si parla primariamente ai giovani e gli stilemi comunicativi prescelti ne danno conferma.
Il format e il linguaggio sono impattanti, vitali, lontani dal canone tradizionale.
In linea con la community di riferimento, entrambe le campagne Nonne do it better e Il lavoro più forte (tutt’ora in corso) trovano il loro quid espressivo nel social e nel brand selfism, che mettono al centro la relazione tra il marchio e i Millennials, con la loro naturale predisposizione a rendersi visibili, partecipare, interagire. Il claim è di conseguenza energico, lo storytelling su cui si fa leva emozionale. Da un lato con l’azzeccata scelta di focus su un legame familiare molto saldo, dall’altro mettendosi sullo stesso piano dei cosiddetti “animali della notte”.
I testimonials sono pertanto di provenienza bottom-up, a garanzia di spontaneità e genuinità del messaggio, o comunque molto vicini al target per espressività, come nel caso di Chef Rubio.
Peroni sceglie così di intercettare i nuovi trend del marketing che, soprattutto se si parla alla generazione Y, richiedono la capacità di cambiare registro, di adeguarsi lasciando voce e spazio all’audience, abdicando a una parte del proprio controllo, ma con l’entusiasmante prospettiva di diventare virali, aumentando a basso costo engagement e fan base.