Attrarre e mantenere i talenti in azienda è una questione di relazione (con un tocco di Ai)

Quattro opportunità di crescita per il futuro del lavoro in azienda individuate da TBWA tra formazione continua, accogliere le nuove necessità e gestire l'umano

Talent attraction e talent retention: i termini sono anglosassoni, il tema molto italiano.
L’Italia, infatti, non solo fatica ad attrarre i talenti (dati OCSE), ma anche a fidelizzarli e fornire una motivazione che, stante il corretto riconoscimento economico, riesca a integrare modelli di relazione virtuosi e attenti alle esigenze personali e professionali. Il punto di partenza non è dei migliori: il nostro Paese, dai dati Eurostat, risulta agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda la percentuale di forza lavoro laureata, con un numero crescente di NEET e un impatto negativo del calo della natalità sul mondo del lavoro.

Anche a fronte di una situazione di base complessa, a fare la differenza è il modo in cui viene gestita l’esperienza lavorativa, definendo modelli di gestione che riescano sia a fidelizzare che a fare da cassa di risonanza (senza necessariamente spingere i dipendenti a diventare influencer aziendali), sin dal momento del colloquio. E in tal senso, per quanto temuta e demonizzata, l’intelligenza artificiale può diventare uno strumento prezioso per automatizzare alcuni processi e aggiungere valore allo human touch.

All’analisi del tema e alle sue possibili declinazioni ha dedicato un incontro e un report anche TBWA ("Future of Employees Experience - l'influenza del lavoro sulla cultura"), integrando i suoi 41 edge, ovvero i cambiamenti culturali necessari alle aziende per un’evoluzione in linea con le evoluzioni sociali e di mercato. A fronte di una paura continuativa che l’intelligenza artificiale possa rubare il lavoro (il 51% del campione coinvolto da YouGov), andando a esplorare il sito Will robot take my job il rischio di farsi sostituire dall’intelligenza artificiale, per chi fa lavori ad alto tasso di interazione umana, è al momento relativamente basso (tra questi c'è chi si occupa di risorse umane). Non è dunque casuale che a fronte di un aumento dell'automatizzazione offerta dall’intelligenza artificiale, cresca la ricerca di skill più trasversali e umane.

Secondo il report "Future of jobs 2023" del World Economic Forum, il 44% delle competenze dei lavoratori sarà stravolta tra il 2023 e il 2028, con maggiore attenzione su capacità di ragionamento analitico e creativo. Un’informazione, questa, che ha ricadute importanti sul mondo HR che deve ripensare la relazione sulla base di conoscenze umane, prima ancora che aziendali. Più che di invertire la rotta, si tratta di individuare le aspettative dei propri dipendenti, declinandole in obiettivi, progetti e azioni di tipo relazionale. Anche facendosi aiutare dall’intelligenza artificiale per scremare i cv, condurre interviste e identificare elementi chiave nella professionalità di chi si sta per assumere, nelle sue peculiarità, aspettative ed esigenze personali. Secondo questo scenario in divenire, le aziende assumono un ruolo di guide e di formazione.

TBWA ha indicato quattro opportunità di crescita per il futuro del lavoro in azienda. Emerge l'impatto delle nuove tecnologie e dell'Ai, ma anche l'urgenza di diventare dei punti di riferimento in uno scenario di turbolenze in cui si ricerca flessibilità ed equilibrio con la vita privata, ma anche una formazione capace di stare al passo con i tempi.

1 – Always upskilling
Davanti a competenze che diventano obsolete, a scadenza, le aziende assurgeranno sempre più al ruolo di nuovi educatori, guide per i ruoli del futuro. Fare talent attraction significa anche garantire opportunità di crescita a una forza lavoro in cerca di stabilità, offrire punti di vista diversi senza tralasciare la possibilità di collaborare con le università per ridurre il ritardo tra innovazione e istruzione dovuto alla rapida evoluzione tecnologica, creando ponti e intercettando nuovi bisogni. La sfida, qui, è anche di metodo e si interroga sul come rendere attrattiva la formazione, superando la percezione di obbligo. Un esempio interessante viene dal programma Eni Joule e da progetti come "The rising star hotel", a metà tra una web tv e un corso di formazione interattivo.

2- New age necessities
Le nuove necessità sono, di fatto, vecchie necessità, con il loro punto zero: la definizione di confini ben chiari tra vita privata e lavoro. Confini e dinamiche da costruire proattivamente, con la consapevolezza, per esempio, che il 75% della GenZ preferisce un lavoro flessibile a uno stipendio più alto e che congedi parentali, settimana corta e possibilità di avere anni sabbatici senza l’ansia di dover per forza attendere la pensione non sono più solo opzioni, ma strumenti di attrazione e fidelizzazione. Per questa ragione, i piccoli benefit (yoga in ufficio, per esempio) non rappresentano una soluzione ma serve una visione più fluida del lavoro, con obiettivi condivisi, misurabili e personalizzabili che si traducano, poi, in progetti pratici (come il percorso di analisi che ha portato alla realizzazione della rivista “Momwhile”, che accompagna il ritorno al lavoro delle neo mamme di TBWA con articoli che raccontano i progetti aziendali in corso e buoni benefit da utilizzare al momento della ripresa).

3) Managing turbolence
In uno scenario di turbolenza, le aziende diventano fari nella tempesta in cui è essenziale l'aspetto umano. Secondo il "Report future of jobs 2027" di Statista, entro il 2027 si assisterà a una crescita del 73% della richiesta di pensiero creativo come soft skill dei candidati. Segno che lo human touch sarà sempre più predominante rispetto alle possibilità offerte dall’intelligenza artificiale che può diventare una exit strategy per dedicarsi alle proprie passioni, lasciando che a svolgere le mansioni sia un nostro “gemello digitale”.

4) Flex futures
Il cambio del paradigma “da vivo per lavorare a lavoro in funzione della mia vita” prevede che una crescita ottimale si sviluppi attraverso un ripensamento dei benefit. L’85% dei dipendenti reputa i benefit aziendali confusionari e più di due terzi non li usa perché li reputa non adatti (Benefits Insights report, Businessolver): diventa urgente, per una crescita capace di guardare al futuro del mondo del lavoro, un welfare personalizzato, con cicli di feedback e “aggiustamenti” che permettano di indirizzare in maniera più profittevole le risorse.

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