Per Assobirra, la dipendenza dell'Italia dalle importazioni, mette a rischio, con gli aumenti delle materie prime, l'intero settore birrario

"Una tempesta di costi". Così, con espressione anche poetica, Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra, l’associazione di Confindustria rappresentativa del comparto della birra e del malto in Italia, definisce il vortice ciclonico dell'aumento dei prezzi all'origine che rischia di sconvolgere tutto un settore: “L’intera filiera brassicola conferma la preoccupazione già anticipata nei mesi scorsi per i rincari delle materie prime e delle utility, una vera tempesta dei costi che intacca la redditività delle imprese e rischia di comprometterne la crescita”.

Nel 2021 il settore birrario dopo mesi di chiusure, è riuscito a recuperare i volumi persi nel 2020. E proprio nell’estate 2021, guarda caso con la ripresa economica, arrivano i primi aumenti dei costi delle materie prime e dell’energia, in un crescendo che si rafforza dopo l’estate del 2021. "Questo avviene -precisa Pratolongo- proprio nel momento di ripartenza successivo a molti mesi di chiusura e restrizioni dei punti di consumo, area in cui il comparto birrario genera oltre il 60% del suo valore aggiunto, per arrivare a valori fuori controllo nei primi mesi del 2022 complice il conflitto in Ucraina, orribile dal punto di vista umano e molto impattante sul fronte dei cereali per l’area mediterranea e l’Europa".

Nel periodo pre-pandemia il settore birrario ha generato quasi 9,5 miliardi di valore condiviso lungo tutta la filiera (comparti agricolo, produttivo, distributivo e di vendita) e ha perso nel 2020 quasi 1,4 miliardi di euro. Oggi la filiera della birra non è più in grado di gestire ulteriori aumenti dei costi delle materie prime e delle utilities che rischiano di fermare la ripresa degli investimenti.

Aumenti a doppia cifra delle materie prime

Impatti particolarmente forti si sentono sul versante agricolo: già da tempo il comparto ha investito per aumentare la quota di orzo prodotto in Italia, che storicamente assomma il 40% del fabbisogno della produzione italiana, ma ci vorranno parecchi anni. L'Italia si deve quindi per forza rifornire anche da altri paesi, incassando aumenti medi del 34% sull’orzo, del 23% sul frumento e del 16% per il mais.

In ambito produttivo, quella della birra condivide, con le altre filiere, l’aumento dei costi legati al vetro, ma nel caso del comparto birrario i volumi sono molto più elevati e il costo unitario del prodotto finito più basso, quindi con incidenza maggiore. La crisi nel settore energetico, che ha inizialmente colpito le importazioni di gas in Europa e si è estesa a tutto il comparto, ha impresso un aumento rispetto al 2021 (+8,5%) dei prezzi del vetro e dell’alluminio (+42%).

valle, gli aumenti dei costi dei trasporti del carburante per autotrazione, uniti ai rincari sulle bollette dei punti consumo, azzoppano la ripresa del mercato. Il disastro rischia di coinvolgere il canale moderno (supermercati), e l'horeca con gli oltre 300.000 punti di consumo che hanno già sofferto in questi anni con la chiusura di circa 45.000 locali nell’ultimo biennio.

Lo spettro delle accise

L’Italia importa quasi il 30% della birra dall’estero, in alcuni casi da paesi nei quali le aziende birrarie sono gravate da tassazioni minori (come in Germania e in Austria). Poi c'è un altro fattore: la birra in Italia è l’unica bevanda da pasto gravata da accise, un’anomalia, ed è per questo che Assobirra ritiene il rinnovato aumento delle accise sulla birra previsto per il 2023 uno scenario da scongiurare.

La scorsa legge di bilancio ha portato in dote al comparto birrario una riduzione di 5 centesimi sull’aliquota delle accise e agevolazioni per i birrifici artigianali fino a 60.000 ettolitri, ma soltanto per il 2022 -precisa Alfredo Pratolongo-. Questo intervento estemporaneo non è sufficiente per recuperare le perdite subite nel periodo pandemico e innestare un nuovo percorso di crescita, soprattutto in un momento di rincari generalizzati e diffusi come quello che stiamo vivendo. Occorre prendere delle decisioni di lungo periodo che consentano alle imprese di tornare a investire sul proprio business e dunque a generare ricchezza per il Paese. Nel concreto, Governo e Parlamento devono continuare a intervenire sulla pressione fiscale, rendendo strutturali la diminuzioni richieste. Il mondo birrario vuole e può giocare un ruolo centrale per l’economia italiana ma può farlo solo se adeguatamente supportato dalle Istituzioni con le quali come AssoBirra continueremo sempre a mantenere un dialogo costruttivo”.

 

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