Le app per la salute più usate dagli italiani? Sono quelle per mettere alla prova le abilità mentali (28%) aumentare l’attività fisica (23%) e migliorare l’alimentazione (14%). I più giovani sono i più abituati a usare queste applicazioni: il 28% dei 25-34enni usava app per l’alimentazione già prima del Covid e un altro 17% è interessato a farlo in futuro; il 35% dei 15-44enni ricorreva all'app per migliorare l’attività fisica pure prima dell’emergenza e il 17% di chi non le ha mai provate lo farà in futuro.
C’è meno interesse per le applicazioni per monitorare i parametri clinici (9%), rilevare sintomi (5%) e suggerire una diagnosi o un trattamento (6%). Sono, queste, alcune evidenze emerse dall'ultimo Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano.
Un cittadino su quattro monitora i dati raccolti tramite app o dispositivo wearable, utilizzandoli per prendere decisioni sul proprio stile di vita. Il 10% li visualizza ma non li utilizza, perché non affidabili (7%) o di difficile interpretazione (3%). Solo il 5% li condivide con il medico, il 67% non lo ha fatto perché non ha avuto necessità e il 13% perché il medico non era interessato a riceverli.
Una buona percentuale di medici, comunque, già consiglia alcune app ai pazienti, circa metà lo farebbe in futuro.
L’Osservatorio ha anche censito a livello internazionale 302 startup che offrono servizi e applicazioni in ambito salute per pazienti, che ricevono un finanziamento medio di 6,8 milioni di dollari. Le più finanziate sono quelle che migliorano l’attività fisica (21,6 milioni), l’alimentazione (18,5 milioni), la salute della donna e la gravidanza (12,7 milioni), quelle che riducono lo stress (11,4 milioni) e facilitano l’interazione medico-paziente (9,6 milioni). Sotto la media, invece, le soluzioni per il monitoraggio dei parametri vitali (3,3 milioni) e dell’aderenza alla terapia (2,8 milioni).
“Tra le app per la salute, l’ambito più promettente riguarda la prevenzione e il miglioramento degli stili di vita, anche se l’uso da parte dei cittadini è ancora limitato – afferma Chiara Sgarbossa, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità -. Il ruolo dei medici sarà fondamentale nel consigliare al cittadino quelle applicazioni, possibilmente certificate, in grado di fornire un valido supporto al paziente e consentire al medico di ricevere dati utili per la cura e l’assistenza".