
Nell’ottobre 2014 si disegnò una manovra che prevedeva aumenti Iva a partire dal 2016. Un anno dopo questi furono neutralizzati con la legge di bilancio spostandoli al 2017. A ottobre 2016 l’attivazione delle clausole è stata spostata ancora, appunto al 2018. Entrambe le operazioni di sterilizzazione sono state realizzate sviluppando un deficit di bilancio corrispondente alle risorse necessarie a evitare gli aumenti dell’Iva. Ciò non potrà accadere per il 2018: il ministro Padoan ha chiesto esplicitamente e formalmente maggiore flessibilità sui conti per un importo limitato a 0,5 punti di Pil (meno di 9 miliardi di euro). Pur considerando la concessione piena di queste risorse, mancano 6-7 miliardi di euro (15,5 mld circa delle clausole, meno 9 di flessibilità ottenuta). La maggiore crescita del Pil ipotizzata per il 2017 ridurrà il deficit del 2018 nel migliore dei casi di circa 2,5-3 miliardi di euro (innalzamento del prodotto che produce maggiore gettito fiscale). Atteso che il governo vuole spendere ulteriori risorse per il contrasto alla povertà e la riduzione del cuneo fiscale sui giovani -per complessivi 2 miliardi di euro per il 2018, a stare cauti- mancano sempre almeno 5-6 miliardi di euro. Cosa deve succedere tra oggi e dicembre per farci trovare tali risorse? Non pensate ai tagli alla spesa dei ministeri, che al massimo potranno portare un altro miliardo (solo Giulio Tremonti ne fece uno da 6 miliardi nel 2011 ed è politicamente scomparso). Non pensate alle privatizzazioni. O alla minore spesa per interessi. Nonostante le perentorie e frequenti dichiarazioni contrarie, ci solo alte probabilità di un incremento dell’Iva dal primo gennaio 2018.