Alla scoperta della supply chain di Procter & Gamble

logistica Procter & Gamble
L'eccellenza nella logistica fa vincere sul mercato, ne abbiamo parlato con Pietro D'Arpa, vp supply chain Europe di Procter & Gamble

Un’esperienza in Procter & Gamble di oltre 35 anni, nei quali ha lavorato nella divisione supply chain della multinazionale in più settori produttivi tra cui detersivi per bucato, prodotti a base di carta, cura degli animali domestici e prodotti di bellezza, sia in Europa che negli Stati Uniti. Pietro D’Arpa è vice president, supply chain Europe: logistics and end-to-end strategic planning di Procter & Gamble e con lui andiamo alla scoperta delle strategie del gruppo che punta, in ottica di sostenibilità, a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2040.

Come è organizzata la supply chain Procter & Gamble in Italia?
Si tratta di un ecosistema complesso, altamente efficiente e ben posizionato per rispondere alle sfide future del mercato. Nello specifico, il network è composto da due impianti produttivi situati a Santa Palomba (Pomezia, Roma) e Gattatico (Reggio Emilia), specializzati rispettivamente nella produzione di detersivi liquidi per il bucato e prodotti per la casa in particolare le superfici dure, con marchi iconici per i consumatori italiani come Dash, Mastrolindo e Viakal, ed esportazioni verso altri paesi limitrofi. La distribuzione del nostro portafoglio verso i clienti italiani (che comprende anche tutte le altre categorie in cui P&G opera, importate dall’estero) avviene ancora una volta attraverso un magazzino situato nel sito di Santa Palomba (Pomezia, Roma) e un hub esterno ad Agnadello (Cremona): si tratta di due centri distributivi che, sostanzialmente, si spartiscono il territorio italiano. È un network altamente integrato, che sfrutta l’automazione e l’agilità e che in questo modo riesce a compensare anche alcune delle sfide “strutturali” che, ancora oggi, si trova a gestire chi produce ed esporta dall’Italia.

Quali sfide per renderla più sostenibile ambientalmente ed economicamente?
“Collaborazione” è la parola chiave: Procter & Gamble sta intenzionalmente coinvolgendo tutti gli attori della filiera per muoversi in una direzione di sostenibilità complessiva, dal momento che crediamo questo approccio sia l’unico vincente nel medio periodo. Il coinvolgimento parte dai nostri fornitori e in questi ultimi tempi si focalizza sui partner responsabili per il trasporto, sia di navettaggio interno tra centri di distribuzione che verso i nostri clienti. Non solo, siamo infatti alla ricerca di “opportunità di scala” anche grazie al coinvolgimento di altre aziende, operanti in diversi settori industriali, che mostrano sensibilità verso queste tematiche e vogliono, come Procter & Gamble, muoversi velocemente in una direzione più sostenibile. Le aree sulle quali stiamo lavorando sono molteplici: riduzione degli sprechi, ottimizzazione dei nostri imballaggi packaging, transizione verso il trasporto multimodale e ridisegno della filiera distributiva -in partnership con i nostri clienti- per ridurre le “empty miles” e muoversi su mezzi di trasporto più sostenibili.

Come è cambiato l’approccio con i ce.di. delle insegne della distribuzione moderna italiana?
La spinta tecnologica, così come la necessità di continua efficienza, spingono e modellano le relazioni in questa parte della filiera. Non solo, le sfide che hanno recentemente coinvolto l’intera industria logistica hanno ulteriormente reso evidente la necessità di maggiore “collaborazione”. Questo concetto si traduce, di fatto, in una migliore condivisione delle risorse e delle informazioni, con un vantaggio evidente per tutta la filiera. Gli aspetti maggiormente rilevanti sono sicuramente la gestione, prenotazione ed esecuzione efficiente della consegna e, a monte, la gestione inventariale soprattutto nella gestione delle nuove iniziative, sia per quanto riguarda il ce.di., che l’inventario in giacenza nei singoli punti di vendita.

eCommerce e D2C, anche in Procter & Gamble si stanno adottando questi canali distributivi?
Lo sviluppo esponenziale dell’eCommerce porta alla necessità di essere sempre più vicini ai nostri clienti e di saper reagire con rapidità e precisione. Stiamo quindi ridisegnando un network sempre più diffuso sul territorio, per raggiungere i nostri clienti in 24-48 ore e, per le aree urbane, anche in meno di 24h. Per farlo, stiamo attuando differenti modelli di business: sia con spedizioni dirette dai nostri centri di distribuzione ai clienti sulla base di ordini raccolti da piattaforme eCommerce terze, sia dedicando apposite aree nei nostri centri di distribuzione, uno spazio fisico con inventario indipendente dalle piattaforme eCommerce che gestisce la preparazione degli ordini. Il secondo modello è attivo già da 4-5 anni in molti paesi europei, mentre il primo è partito da circa un anno in Nord Italia e Francia. La chiave di successo sarà adottare gli strumenti corretti per assicurare trasparenza e collaborazione.

Utilizzate trasporti intermodali?
L’intermodalità è la soluzione più efficace per ridurre emissioni nel breve-medio termine. Procter & Gamble è seriamente impegnata in questo campo. In Europa abbiamo aumentato la percentuale di intermodalità del 50% negli ultimi tre anni e abbiamo intenzione di continuare su questa strada. Ovviamente nell’intermodale come in ogni altro assetto della logistica sostenibile la collaborazione e fondamentale, in questo caso in modo particolare con le compagnie che gestiscono a vario titolo il trasporto ferrioviario. Anche in Italia ci stiamo muovendo in questa direzione: innanzitutto vogliamo ridurre l’impronta dei nostri flussi interni, utilizzando per la prima volta il treno merci invece del trasporto via gomma nei viaggi tra i nostri magazzini. Siamo partiti con alcuni test ma vogliamo assolutamente aumentare la quota su ferrovia che, insieme alla nave, è il modo principale per abbattere le emissioni Co2 equivalenti per km e per tonnellata di prodotto.

Su quali direttrici vi muoverete per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2040?
Da oltre un decennio Procter & Gamble è impegnata a contrastare gli effetti del cambiamento climatico. A settembre dello scorso anno abbiamo definito il “Piano di transizione climatica” e i nostri obiettivi per raggiungere entro il 2040, zero emissioni nette di gas serra (Ghg), dall’approvvigionamento delle materie prime al venditore finale. Prevediamo una serie di azioni che coprono l’intero ciclo di vita delle emissioni dei nostri prodotti, tra le quali ridurre e infine eliminare le emissioni delle attività produttive, acquistare il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili (oggi in Europa abbiamo già raggiunto questo obiettivo), decarbonizzare la catena di fornitura e quella logistica, continuare ad aumentare l’efficienza dei trasporti dei prodotti finiti con nuove soluzioni. Agendo attraverso i nostri marchi, lavoreremo anche sulle emissioni prodotte durante la fase di utilizzo. In parallelo stiamo lavorando su soluzioni per la produzione di energia termica rinnovabile, tecnologie per la cattura del carbonio, uso di materie prime di origine biologica. In pratica lavoriamo sulle aree d’intervento che abbracciano il ciclo di vita di un prodotto con obiettivi concreti.

Determinante in questo percorso è la collaborazione con gli altri attori della filiera logistica perché la sostenibilità non è mai un processo isolato. Per esempio con Carrefour in Spagna abbiamo realizzato un camion extra-large in grado di trasportare fino a 51 pallet ottimizzando i carichi trasportati e i viaggi effettuati. Si tratta di due mezzi stradali extra-large lunghi 25 metri (un rimorchio più un semirimorchio) in grado di trasportare fino a 60 tonnellate di carico rispetto al precedente massimo di 40 tonnellate e in circolazione sulle strade spagnole da metà aprile. In Germania stiamo lavorando ad un progetto denominato “smarter box” con il quale intendiamo standardizzare i container utilizzati per il trasporto delle merci su strada con l’obiettivo di ottimizzare gli spazi. È una iniziativa complessa ma si tratta di una soluzione che potrebbe diventare uno standard a livello europeo e permetterebbe, secondo calcoli che sono stati fatti, di ridurre del 25/30% le emissioni di Co2.

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