#al femminile: Giuditta Zecchin (Spazzolificio Piave) e il passaggio generazionale Green

Giuditta Zecchin Spazzolificio Piave
Giuditta Zecchin, sales manager di Spazzolificio Piave (ph. Camilla Zaccheo)
La storia e il futuro di Spazzolificio Piave: l’azienda di famiglia raccontata da Giuditta Zecchin, alla ricerca di nuovi territori per rinnovarne i successi imprenditoriali

L’esempio e anche il sostegno della nonna Isolina Zecchin hanno ispirato la carriera di Giuditta Zecchin, 28 anni, sales manager di Spazzolificio Piave, che ne ha ereditato la forza d’animo e il desiderio di esplorare nuovi territori per contribuire al successo dell’azienda di famiglia, fondata proprio dalla pionieristica Isolina.
“Una grande imprenditrice -racconta Giuditta-, una donna che ha lavorato tutta la vita e che ancora oggi, a 86 anni, quando viene in azienda terrorizza tutti con la sua autorevolezza”. L’azienda è guidata dal papà, Federico Zecchin, che alimenta il talento della figlia favorendo il passaggio generazionale.

Qual è stato il percorso di studi?

Appena terminato il liceo linguistico avevo desiderio di fare un’esperienza di lavoro in lingua inglese. Londra mi sembrava troppo vicina, così sono andata fino a New York, visto che metà della famiglia vive già negli Stati Uniti: la nonna si era trasferita a Chicago negli Anni 20 con 5 fratelli, ed è poi stata l’unica a tornare in Italia, dove ha fondato lo Spazzolificio Piave. Ha lavorato duramente per ottenere il successo ed è stata una delle mie prime sostenitrici. A New York ho preso il Toefl al Kaplan, poi mi sono laureata in Business Administration alla European School of Economics, marketing e management, pensando a possibili ruoli che avrei potuto coprire nell’azienda di famiglia. Grazie all’internship ho cominciato con le prime esperienze di lavoro, con il brand sartoriale Kiton.

È stata un’esperienza utile da consigliare?

Rifarei tutto: sono esperienze che formano. Da Kiton ho affiancato una direttrice marketing molto tosta, stile Il Diavolo Veste Prada: avevo gli incubi la notte. Anche quell’ambiente, però, ha cominciato ad andarmi stretto. Cercavo qualcosa nel campo delle pr e appena tornata dal viaggio di laurea in Brasile, il giorno dopo, a una cena mi hanno segnalato una ricerca di Jeffrey Rüdes, J-brand, americano con quartier generale a Los Angeles, per cui ho lavorato due anni. Adoro il mondo del fashion, ma il capitolo si è chiuso quando ho capito che forse non sarei stata felice in una realtà così fancy. Non ho mai perso la mia integrità, la semplicità, l’essere italiana e adorare le cose di qualità, più che le cose belle. Mi piace l’idea di portare avanti l’azienda creata dalla mia famiglia anche se sono consapevole di quello che ho lasciato a New York.

Cosa le ha dato l’esperienza all’estero?

La cosa importante quando si fa un’esperienza fuori dalla propria confort zone è proprio riuscire ad avere una mentalità più aperta, vedere le cose sotto una diversa prospettiva. Sono entrata in azienda guardando tutto con un occhio diverso, nuovo, esterno, anche un po’ “rompiballe”, in senso positivo. Tante cose sicuramente non le capivo e le sto imparando adesso, ma credo di aver portato qualcosa di positivo cercando di rompere alcuni schemi. Perché si fa così? Perché non scegliere una grafica diversa? O un messaggio diverso? A noi donne piace curare questi aspetti, e sono le donne che acquistano.

Che ruolo ricopre adesso?

Mi occupo del commerciale per l’estero, perché mi è rimasta la voglia di viaggiare e conoscere nuove culture, mi piace attrarre i clienti, presentare i prodotti. Poi affianco la manager di prodotto, insieme studiamo come comunicare le novità. Mi relaziono con un dirigente che mi sta passando nozioni ed esperienza e, allo stesso tempo, devo seguire le orme di mio padre che ha 60 anni: lo seguo in ogni suo passo e vado dove lui non può essere. Entrare in azienda come dipendente facendo una cosa sola non avrebbe avuto senso, anche perché sono curiosa, entro in tutti gli uffici, come mia nonna. Penso che la curiosità sia la chiave per imparare cose nuove e capire cosa mi interessa veramente.

In pandemia, cosa riuscite a fare?

Ci teniamo stretti, pur se con numeri diversi, i clienti storici, Cina, Emirati Arabi, Slovenia, qualcosa in Europa, Qatar e molti Paesi arabi dove va forte la linea premium Silver Care. Ci penalizza molto non poter andare alle fiere, dove normalmente presentiamo i prodotti ai nuovi clienti e seminiamo contatti per l’anno successivo. Stiamo sperimentando le fiere online, che potrebbero essere un bene perché sono molto selettive, ma l’empatia che nasce nel contatto dal vivo è tutta un’altra cosa. Adesso che l’estero mi manca, mi dedico ai social e al nostro eCommerce.

Come vedete il 2021?

Spazzolificio Piave è riconosciuto per lo spazzolino antibatterico e la testina inter- cambiabile, sin dal 1990. Stiamo studiando un cambiamento di linea, non solo a livello estetico. Un look più ecosostenibile, eco friendly, minimal, ma lo shift toccherà anche l’essenza del prodotto. Materiali più ricercati per il manico dello spazzolino, perché sia più durevole, pensando per il futuro a una nuova linea. Sul green c’è molta emotività e poca consapevolezza, lo dimostrano i tanti trend: bambù, legno, tutte belle idee: ma alla fine si abbattono alberi e lo spazzolino non dura nel tempo, in definitiva non è veramente ecologico. Il nostro prodotto non è paragonabile a un usa e getta, non vogliamo riempire il mondo di rifiuti. Con i cambiamenti in corso, stiamo evolvendo anche questo messaggio: antibatterico come sempre, ecologico come non mai.

Spazzolificio Piave

Tempestività. Ordini giornalieri, consegne in tempi ravvicinati, risoluzione di problemi: “È ovvio che in Cina i costi di produzione siano più bassi ma il servizio che possiamo offrire da Padova ai retailer italiani è sicuramente più tempestivo ed efficace di quello che si potrebbe gestire dalla Cina”.

PROPORRE LA SEGMENTAZIONE

Un possibile sviluppo nell’interpretazione del ruolo del top di gamma, auspicato da Spazzolificio Piave pensando per esempio ai negozi specializzati, potrebbe essere quello di sviluppare una linea completa di prodotti per l’igiene orale, anche in mdd, per fidelizzare non solo sul prodotto base, ma su una gamma più ampia. Questo perché nella categoria dell’igiene orale la marca privata non fa ancora una segmentazione vera e propria.

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