Airbnb presenta un nuovo modello di lavoro da remoto

La “stragrande maggioranza” dei dipendenti non avrà riduzioni di stipendio se lavorerà lontano dalle città che circondano gli uffici dell'azienda

Si è fatto un gran parlare di come la pandemia ci avrebbe cambiato, o meglio avrebbe dovuto cambiarci sotto alcuni aspetti, a fronte di una maggiore consapevolezza rispetto a digitalizzazione, smart working e soprattutto centralità della work-life balance per una quotidianità da vivere pienamente e non con il pilota automatico impostato sulla modalità "sopravvivenza". Eppure, la verità già evidente è che non tutti hanno imparato qualcosa e che molti lavoratori sono, ad esempio, già stati costretti a ritornare in ufficio a tempo pieno, tra lamentele e dimissioni.
I dati che vi abbiamo presentato nella nuova coverstory di Mark Up (maggio 2022) ci confermano, non a caso, che la volontà di cambiare azienda nel prossimo anno per gli italiani è elevata e diffusa. Nella cover vi parliamo degli alti costi di dipendenti infelici (tra aumento della malattia e calo del rendimento) e dei benefici produttivi del benessere, presentandovi un nuovo modello cosiddetto di organizzazione positiva, che va oltre il mero welfare per trasformare processi, competenze e visione alla base. La nascita dei chief happiness officer, i manager della felicità (organizzativa) è solo un aspetto di questa più ampia metamorfosi tutt'altro che superficiale o leggera (non si tratta di raccontare barzellette per tenere alto lo spirito), bensì metodica, profonda e sostenibile.

In questo contesto impostare un modello di lavoro flessibile e da remoto, ovviamente per le figure adeguate, è solo uno dei tanti aspetti che favoriscono l'inclusione delle diverse esigenze in azienda e il benessere collettivo. A fare questo passo avanti di recente Airbnb, che negli Stati Uniti ha annunciato che la “stragrande maggioranza” dei suoi dipendenti potrà lavorare da remoto, senza subire riduzioni di stipendio se si allontana dalle città che circondano gli uffici dell'azienda (altri colossi Usa prevedono invece un taglio per chi si sposta a vivere in aree dove la vita costa meno). Airbnb sta apportando anche altre modifiche alle norme sul lavoro a distanza. Secondo il suo annuncio, i dipendenti potranno altresì "vivere e lavorare in oltre 170 Paesi per un massimo di 90 giorni all'anno in ciascuna sede", purché mantengano un indirizzo permanente in archivio. L'azienda organizzerà inoltre periodicamente "riunioni di squadra, fuori sede ed eventi sociali" per consentire ai suoi collaboratori di incontrarsi faccia a faccia durante tutto l'anno. L'Ad di Airbnb Brian Chesky ha poi specificato nel relativo annuncio su Twitter che l'azienda "lavorerà in base a una tabella di marcia pluriennale con due importanti rilasci di prodotti all'anno", per assicurarsi che tutti rimangano organizzati.

L'Ad sottolinea anche che Airbnb sta implementando il cambiamento dopo aver avuto "il periodo di due anni più produttivo" della sua storia mentre lavorava da remoto. A tal proposito c'è, tuttavia, una parte di stampa estera che ha ricordato come in quel periodo l'azienda abbia anche licenziato un quarto della propria forza lavoro (circa 1.900 persone), leggendo pertanto nelle nuove politiche sicuramente uno step positivo, ma al contempo un "balsamo" tardivo per i sopravvissuti. Una nota da menzionare non tanto per entrare nel merito della discussione, quando per rimarcare ancora una volta come, lato reputazione aziendale e advocacy degli impiegati, non basti una rondine a fare la primavera.

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