“Secondo le stime Nomisma, le importazioni statunitensi di prodotti agrifood dall’Italia sono destinate a crescere ad un tasso medio annuo (CAGR) del +6,5% nel periodo 2017-2022”, è quanto evidenzia Denis Pantini, responsabile Area Agroalimentare di Nomisma in occasione dell’evento promosso recentemente da Agronetwork durante il quale è stato presentato un apposito indicatore, il Nomisma Italian Agrifood Mkt Potential Index (realizzato in collaborazione con Confagricoltura).
Prosegue anche nel 2017 la crescita del ruolo giocato dai mercati esteri per l’agrifood italiano: i consumi nazionali per generi alimentari e bevande (243 miliardi di euro nel 2017), seppur in ripresa, sono, difatti, ancora lontani dai tempi pre-crisi, per cui esportare - oltre che un’opportunità di crescita per le aziende agroalimentari italiane - rappresenta anche una strategia di sopravvivenza. Non a caso, negli ultimi anni il fatturato del settore è stato trainato dalla domanda estera: nel 2017 il 24% del giro d’affari dell’industria alimentare nazionale è stato generato proprio al di fuori dei confini italiani a fronte di un 20% di cinque anni prima.
In termini assoluti, le vendite sui mercati internazionali dei prodotti agrifood made in Italy hanno superato i 40 miliardi di euro nel 2017, registrando un balzo del +27% su base quinquennale e del +5,6% rispetto al 2016. E, sebbene ci sia un lieve rallentamento, l’espansione dell’export continua anche nel 2018: +2,3% nel I semestre rispetto al medesimo periodo del 2017. A trainare tale incremento sono sia i mercati tradizionali, i cosiddetti Paesi bandiera, come Germania (export italiano pari a 6,9 mld di euro nel 2017, +16,5% tra 2012 e 2017), Stati Uniti (4,0 mld di euro, +48,9%), Regno Unito (3,3 mld di euro, +27,8%), Canada (809 mln di euro, +24,3%), Giappone (794 mln di euro, +13,1%), che da soli valgono il 40% del nostro export agroalimentare, sia i mercati emergenti (Paesi frontiera), su tutti Polonia (833 mln di euro nel 2017, +58,1% su 2012), Australia (530 mln di euro, +41,7%), Cina (423 mln di euro, +78,5%), Corea del Sud (221 mln di euro, +68,8%) e Messico (103 mln di euro, +23,8%).
Ma cosa ci aspetta nel prossimo futuro? Le potenzialità dell’agrifood italiano per il prossimo quinquennio su 10 mercati target (5 bandiera e 5 frontiera) si presentano alquanto interessanti; il Nomisma Italian Agrifood Mkt Potential Index prende in considerazione variabili di diversa natura tra cui i redditi pro-capite, i consumi alimentari, l’import agroalimentare, il ruolo dei prodotti italiani e la presenza di dazi e altre barriere agli scambi commerciali. Emerge come gli Stati Uniti rappresentano il mercato con le maggiori opportunità di sviluppo futuro per l’agrifood Made in Italy con un valore dell’indice pari a 100. “Pur essendo un mercato tradizionale per il nostro export (peso del 10%) e nel quale le nostre aziende sono presenti da anni –prosegue Pantini, le opportunità di un ulteriore sviluppo dell’agrifood tricolore in tale mercato sono enormi grazie all’elevata capacità di spesa di parte della popolazione, all’enorme dimensione del mercato in termini di potenziali consumatori e ad un import di prodotti italiani che per ora risulta concentrato (oltre la metà) in soli cinque stati (California, New York, Texas, Illinois e Florida).”
Gli altri mercati con le maggiori potenzialità per l’agroalimentare nazionale sono la Germania (Nomisma Italian Agrifood Mkt Potential Index pari a 97) e la Cina (94): si stima che in tali mercati la domanda di prodotti agroalimentari italiani crescerà ad un CAGR 2017-2022, rispettivamente, del +4% e del +12%. Seguono Canada (73), Giappone (72) e poi distanziati Polonia (52), Regno Unito (42), Corea del Sud (38), Australia (29) e Polonia (15).