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La crisi di un retailer di punta nel Regno Unito
come Game suona come un campanello d'allarme per il mondo della distribuzione, imponendo la ricerca di un nuovo modello di vendita, capace di fronteggiare lo spostamento del focus dai cofanetti tradizionali alle applicazioni disponibili via Internet. Giunto a un passo dal fallimento, lo specialista si è salvato. Game, infatti, a inizio aprile è finito sotto il controllo di Baker Acquisitions, società di investimento che ha mostrato di credere nel settore nonostante il declino che lo caratterizza ormai da diversi anni (dalle prime crepe mostrate da Blockbuster). La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il contenzioso tra Game ed Electronic Arts, con quest'ultima che ha rifiutato di veicolare le copie di Mass Effect 3 tramite il retailer, per mancanza di adeguate garanzie sui pagamenti. Tanto è bastato per spingere anche altri produttori di videogiochi a ritirare i propri titoli da quegli scaffali. A questo proposito, vanno considerate le parole pronunciate da Keith Ramsdale, responsabile della divisione inglese di Electronic Arts, che ha definito Game "un retailer tra tanti, sebbene sia storicamente un buon retailer". Una dichiarazione che fa capire come si stanno spostando gli equilibri di mercato tra produttori e distributori.
La centralità del web
Per altro, questo scenario va inquadrato alla luce della difficile congiuntura economica internazionale. Secondo una ricerca realizzata da NpdGroup, lo scorso anno le vendite dei videogame sono attestate a quota 17 miliardi di dollari, in calo dell'8% rispetto al 2010.
Il calcolo, tuttavia, riguarda le sole consolle, trascurando le somme spese nei formati digitali, tra cui rientrano i giochi scaricabili senza supporto sia per consolle sia per piattaforme mobile e quelli accessibili via social network. Questa categoria ha generato un fatturato di 7,24 miliardi di dollari, che significa una crescita del 7% rispetto all'anno precedente, un trend che riduce sensibilmente il rosso nel bilancio complessivo (intorno al 2%). A questo proposito è interessante uno studio di Flurry, da cui emerge che l'evoluzione degli smartphone e dei tablet ha avuto il maggior impatto proprio sul settore dei videogiochi, grazie anche a nuovi canali di distribuzione.
Come il modello "freemium" - combinazione dei termini "free" e "premium" - che prevede l'offerta di versioni dello stesso prodotto o servizio: la prima è gratuita e limitata nell'uso; la seconda, a pagamento è completa o offre funzioni aggiuntive. Un modello che si adatta alla perfezione al momento difficile dal punto di vista dell'economia e che, anche nel caso di scelta dell'opzione premium, prevede costi ben più contenuti rispetto a una console.
La sfida
"Il mercato sta evolvendo rapidamente e i distributori non possono ignorarlo", commenta Albino Sonato, presidente di Aires (Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati). "Per esempio, andrebbe considerata con attenzione la possibilità di offrire il download delle applicazioni presso i punti di vendita fisici (i giochi veicolati attraverso app hanno costi inferiori anche di due-terzi rispetto a quelli per consolle, ndr), che hanno il vantaggio ulteriore di poter offrire una prova agli utenti".
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