1.
Quando il formaggio perde il legame con il territorio, è difficile recuperarne l'origine
2.
La tradizione resta tuttavia vitale
Con 936.000 tonnellate a volume nel 2007, il mercato dei formaggi registra una lieve crescita rispetto all'anno precedente (0,7%) tanto da presentare nel complesso un andamento costante. Mediamente le famiglie italiane acquistano 43,2 kg di formaggio all'anno. Venduti prevalentemente nel sud e nel nord-ovest, i formaggi si connotano per essere un settore a doppio binario: i consumatori più maturi prediligono prodotti consolidati, mentre i giovani sono orientati verso un'offerta salutistica che non disdegna un maggior contenuto di servizio. Il canale principale resta la Gda mentre quello specializzato sconta una contrazione dovuta forse a prezzi più elevati. In media sono i formaggi freschi a essere più apprezzati dagli italiani seguiti da quelli semiduri, duri e dalla tipologia degli sfusi.
Comportamenti d'acquisto
Il tema relativo a territorio, produzione e protezioni d'origine nell'ambito dei formaggi è articolato. Ma possono essere indicate delle direttrici di lettura: è possibile creare un formaggio simile a un Dop, è sufficiente non chiamarlo con lo stesso nome. In linea di massima funziona. Non sempre.
Le regole relative alle denominazioni Dop fanno riferimento alla Convenzione di Stresa del 1951, che rappresenta il primo accordo internazionale sulle designazioni d'origine dei formaggi. Le Dop nascono per garantire un reddito adeguato alla filiera di produzione e, allo stesso tempo, per mantenere intatte le tradizioni dei diversi territori. L'Europa ha nel tempo cercato di salvaguardare il nome dei formaggi, che si richiamano a un preciso territorio. La tutela dei nomi è considerata strategica, in quanto la diffusione della singola tipologia di formaggio può essere internazionale e si desidera garantire chi ha elaborato il prodotto nonché assicurare che quel determinato formaggio sia individuato e riconosciuto come originale.
La tutela è dunque nei confronti sia della proprietà intellettuale di chi ha investito nel nome sia nei confronti del consumatore.
Partenza senza il via
Il problema nasce nel momento in cui la normativa si trova a gestire lacune consolidate, quando cioè il prodotto si è già diffuso fuori dal suo territorio di origine e ne ha allentato il legame. Quando, circa 20 anni fa, si è dato vita a livello europeo a una protezione d'origine che in maniera univoca tutelasse i territori di produzione, alcuni formaggi erano ormai già stabilmente prodotti in altre zone. Non si è potuto far altro che prendere atto della situazione. Processo non del tutto lineare. Va da sé che i consorzi partiti per tempo registrando il marchio sono più avvantaggiati e hanno maggiori strumenti di protezione. La situazione a livello mondiale è ancora più complessa. Non esiste, infatti, una regola comune e accettata cui tutti possano fare riferimento. Negli Stati Uniti, per esempio, gli emigranti italiani portarono con sé i prodotti della loro terra. Dopo un secolo abbondante è impossibile, per questi prodotti (dalla mozzarella al provolone), recuperare una forma di tutela, specie se al formaggio non è abbinato il nome del territorio.
Con o senza dop
Esistono in Italia alcune tipologie di formaggi - tra questi mozzarella, crescenza, italico - denominati Stg (Specialità tradizionale garantita), che non hanno la stessa tutela prevista per le Dop. Sono formaggi che tuttavia registrano consistenti volumi di export. Per quale motivo non si è investito per renderli Dop? Fondamentalmente perché non esiste un'unica tecnologia di lavorazione e, poi, perché non è possibile rintracciare un legame con uno specifico territorio. C'è infine un'altra questione: se si autorizzano denominazioni Dop per prodotti la cui realtà produttiva è variegata, i produttori che da anni realizzano quella stessa tipologia di formaggio all'esterno del territorio indicato si trovano a competere improvvisamente in un contesto differente e saranno costretti in breve tempo a cambiare nome alla loro produzione. Questo comporta stravolgimenti nelle economie del territorio che il legislatore non può ignorare.
Un ufficio… ad Dop
I formaggi in attesa di riconoscimento Dop sono numericamente superiori a quelli già registrati. Indice del successo raccolto dai primi grandi consorzi. Per questo motivo la Commissione europea sta valutando l'istituzione di un ufficio dedicato alla registrazione delle denominazioni e alle relative pratiche che devono essere seguite nel tempo (partire dalle modifiche dei disciplinari).
Le Dop italiane
Asiago Dop
Bitto Dop
Bra Dop
Caciocavallo silano Dop
Canestrato pugliese Dop
Casatella trevigiana Dop
Casciotta d'Urbino Dop
Castelmagno Dop
Fiore sardo Dop
Fontina Dop
Formai de Mut dell'Alta Valle Brembana Dop
Gorgonzola Dop
Grana Padano Dop
Montasio Dop
Monte veronese Dop
Mozzarella di Bufala Campana Dop
Murazzano Dop
Parmigiano-Reggiano Dop
Pecorino di Filiano Dop
Pecorino romano Dop
Pecorino sardo Dop
Pecorino siciliano Dop
Pecorino toscano Dop
Provolone valpadana Dop
Quartirolo lombardo Dop
Ragusano Dop
Raschera Dop
Robiola di Roccaverano Dop
Spressa delle Giudicarie Dop
Stelvio o Stilfser Dop
Taleggio Dop
Toma piemontese Dop
Valle d'Aosta Fromadzo Dop
Valtellina Casera Dop
Il mondo dei formaggi tipici pare suddiviso in due macroambiti:
• da una parte si trovano le referenze note a livello nazionale (come il Parmigiano-Reggiano, il Grana Padano e la mozzarella napoletana) che si caratterizzano per il posizionamento di prezzo più elevato e la distribuzione multicanale;
• dall'altra parte si collocano i prodotti conosciuti soprattutto a livello locale (quali il treccione ragusano e la scamorza molisana) che hanno un prezzo più conveniente e sono venduti soprattutto nei negozi al dettaglio
Fonte: rilevazione Anna Zinola
Allegati
- FoSaGa-Territorio
- di Elena Giordano / giugno 2009