
Granarolo è la più grande realtà di produttori di latte in Italia ed è caratterizzata da una filiera nazionale basata su un sistema integrato di produzione in cui l’intero processo è controllato e gestito in collaborazione con i produttori locali. L’incontro con Filippo Marchi, direttore generale, consente di focalizzare immediatamente le priorità strategiche di Granarolo in questo avvio di 2025, con un occhio di riguardo ai mercati esteri.

Per Granarolo si chiude un 2024 positivo e si apre un 2025 promettente. Qual è il quadro della situazione anche e soprattutto a livello di prodotto?
I prodotti fondamentali sono sicuramente i formaggi duri, che intercettano i trend più dinamici, in particolare se sostenuti dalla dop. A seguire tutta la parte dei freschi che all’estero viaggiano con ritmi di crescita anche doppi rispetto al mercato interno. In Italia mette in mostra qualche cenno di leggero risveglio, mentre in Europa la crescita viene moltiplicata per 5, collocandosi ai livelli di incremento dei duri. Questi ultimi si dimostrano a livello nazionale anch’essi abbastanza fermi, con dina-miche stagnanti. All’interno di questo scenario che spinge comunque a guardare con occhio di riguardo sia i mercati vicini che quelli lontani, gruppo Granarolo sta performando meglio della media: sia in ambito domestico che nell’export.
Parliamo della Germania, un mercato che voi definite molto competitivo. Quali strategie intendete adottare per il prossimo futuro sul mercato tedesco?
In termini di volume è il mercato più importante in Europa e noi per certi versi non vi siamo ancora presenti in maniera importante. Il nostro mercato più rilevante in Europa rimane quello francese, affiancato da quello inglese. La Germania ha dinamiche molto particolari per il suo tessuto distributivo che vede l’area dei discount o, comunque, l’area del no-brand come parte rilevante. Granarolo presidia la parte Premium del mercato. Diciamo che in Germania abbiamo incontrato qualche problema in più. Si stanno aprendo particolari opportunità nell’area delle specialità a più alto valore aggiunto, come per esempio le burrate, la stracciatella piuttosto che la mozzarella di bufala e il gorgonzola. Segmenti nei quali si stanno aprendo interessanti opportunità di business. In Germania abbiamo una nostra società produttiva e allo stesso tempo stiamo costituendo un’entità commerciale che poi distribuirà i prodotti all’interno del mercato tedesco. Ma siamo anche interessati e attenti a quelle che potrebbero essere opportunità di merger & acquisition locali in quanto, come abbiamo già fatto in Francia, l’essere presenti con una rilevanza quantitativa è strategico di fronte ai buyer dei paesi target. Sedendoci ai tavoli negoziali facciamo vedere che il gruppo non è solo lì per vendere, ma ha investito. Questo mercato lo stiamo interpretando a 360°.
A Bologna avete aperto l’Innovation Center che è un po’ una svolta per il gruppo...
In realtà l’innovation center non è ancora aperto, nel senso che è un progetto del piano industriale e sarà realizzato entro il 2027. Però ci siamo mossi in una logica abbastanza innovativa per quello che ci riguarda cercando di mettere a fattor comune tutte le conoscenze di marketing, di ricerca e sviluppo all’interno di una stessa location, di uno stesso contenitore. Ritengo ci farà bene, nel senso che ragionare per processo rappresenta una sfida molto importante. Non solo delle funzioni R&S e marketing, ma in generale, soprattutto in un momento in cui fare ricerca e sviluppo è molto costoso. Contribuirà a limitare i rischi di lanci di prodotto che non siano coerenti con le richieste di mercato proprio mettendo a fattor comune tutte le competenze. Faccio un esempio. Tutta la parte proteica, piuttosto che i prodotti senza lattosio, tutto il free from in generale, se legato a un solo contenuto di marketing senza poi avere dei valori aggiunti reali dal punto di vista tecnologico, rappresentano lanci che hanno una vita media sullo scaffale molto bassa. E la nostra esperienza ci ha fatto vedere che invece prodotti che risolvono problemi o che rispondono effettivamente a una richiesta del consumatore hanno cicli di vita molto più lunghi. È una sfida, lavorare in questa logica, attraverso un Innovation center. Parliamo di 45, 50 persone che lavorano congiuntamente quotidianamente per pensare a quelli che sono i bisogni e un piano di rilancio e di sviluppo che, comunque vada popolare i nostri business nei prossimi 3-5 anni. Un elemento strategico, quindi, non solo un tema di comunicazione, ma nato da un evidente necessità.
Che tipo di figure professionali ospiterà?
Ci saranno sicuramente dei ricercatori, dei tecnici, vi sarà tutta la parte tecnica degli stabilimenti, la progettazione interna delle linee produttive, quindi tutta la parte industriale, tutta la parte degli acquisti Naturalmente tutta la parte marketing e R&S. La struttura avrà un ampio spazio per accogliere clienti, visitatori, anche giornalisti, con i quali dialogare e mostrare le nostre visioni MARKUP 336 Protagonisti&Strategie Le principali categorie di prodotto sono: panna e ingredienti (34%), formaggi (48%), yogurt, babyfood e snack (7%) e altro (12%). In termini di lavorazione, Granarolo trasforma il latte crudo; determina le politiche industriali di trasformazione per sé e per le altre società del Gruppo; indirizza le scelte di investimento e di rinnovamento del patrimonio del futuro. È un’interpretazione abbastanza innovativa e ci stiamo investendo in maniera strutturale.
L’intelligenza artificiale avrà un ruolo all’interno di queste Innovation center?
L’intelligenza artificiale è inserita in una logica di facilitazione del sistema di lavoro aziendale a livello complessivo a 360°, quindi non solo nella parte marketing. La vedo sicuramente operativa nell’innovation center. Tutta la parte di ricerca sul consumatore viene assolutamente facilitata dall’utilizzo di questi di questi nuovi strumenti, vi sono tools che noi abbiamo già utilizzato e sia in termini di apprendimento rispetto a quel-li che possono essere nuovi trend. Le performance dei nostri prodotti vengono facilitate dall’utilizzo di questi nuovi strumenti. Tutta l’area delle simulazioni rappresenta sicuramente un’area di opportunità, ipotizzare quelle che possono essere le percentuali di successo rappresenta sicuramente un’area di estremo interesse. La vedo molto utile sulla parte di estrazione dei dati, nella parte amministrativa, nella logistica, in tutta la cosiddetta area di dematerializzazione che è ancora molto presente. Gli elementi sono veramente tanti.
Avete un piano di sostenibilità al 2030 che prevede una riduzione del 30% delle emissioni di gas serra per ogni chilogrammo di latte prodotto, come intendete monitorarlo?
Abbiamo innanzitutto una serie di prodotti che hanno già una certificazione specifica, che è l’elemento di partenza su una larga parte di prodotti. Fatto 100 le emissioni dei nostri prodotti, soltanto un 15% deriva dalla parte industriale. L’85% deriva dalla fase a monte, quindi nella fase della produzione del latte. Stiamo lavorando insieme a Granlatte, che è la nostra capogruppo cooperativa, che poi ci fornisce il 92% del latte che utilizziamo affinché loro comincino a fare esattamente quello che noi stiamo facendo sulla parte industriale: misurazione e definizione degli obiettivi di miglioramento.
Avete circa 10 impianti di biometano consortili….
Sì, adesso ne sono attivi sei. Rappresenta una fonte energetica utile. Naturalmente non soddisferà il 100% della domanda, ma come abbiamo visto è una componente del puzzle energetico. Permette di cominciare a ridurre l’impatto sulle fonti fossili e a far crescere sempre più di più anno su anno la parte alternativa. La stessa cosa avviene sul solare. Adesso nel nuovo stabilimento che stiamo costruendo Pasturago almeno un 30% sarà coperto di pannelli di solari. Non ci garantirà l’autosufficienza, ma numeri importanti per quello che riguarda il contenimento..
Guardando il 2028, quale sarà l’immagine di Granarolo e quali saranno i principali indicatori di successo?
Mi immagino sarà un’azienda ben radicata nel territorio. I nostri prodotti vengono da un buon latte prodotto con le giuste tecnologie, con le giuste metodologie nelle principali regioni italiane. Ma è un’azienda che ha uno sguardo, a livello internazionale. A mio avviso raggiungeremo sicuramente 50% del fatturato sui mercati esteri. Con un concetto di modernità abbastanza importante, che riuscirà a coniugare la tradizione che comunque la caratterizza.
Quali sono stati gli elementi che l’hanno colpita di più emersi dalla recente convention Granarolo? Quali sono le novità che sono emerse?
La cosa che abbiamo cercato di far venire fuori bene è il tema dell’appartenenza. L’elemento umano è fondamentale, al di là di tutti gli investimenti che noi possiamo mettere sul tavolo. Significa che ogni persona del gruppo deve interpretare al meglio la sfida che andremo ad affrontare. Il valore aggiunto che chiediamo alle persone è quello di esprimersi al meglio e noi come manager di questo gruppo, dobbiamo dare a loro la possibilità di esprimersi al meglio, uscendo anche da quelli che sono vincoli organizzativi che il nostro modo di lavorare ha creato negli anni, creando delle situazioni critiche. Le strutture organizzative sono delle griglie che impediscono alle persone di esprimersi al meglio, di creare valore. La destrutturazione dei ruoli, il fatto di interessarsi di cose che non sono inerenti specificatamente alla propria funzione, sono il reale valore aggiunto delle persone. Abbiamo cercato di far emergere questo fattore.