Natalità, prezzi e… le sfide aperte da affrontare

Le leve su cui deve agire il retail specializzato per sostenere i consumi dei prossimi decenni

Il retail specializzato è un settore strategico per l’economia del Paese. Grazie all’attivazione di una vasta rete di attività manifatturiere e di servizi, a monte e a valle, arriva a coinvolgere circa 770mila imprese creando un ecosistema commerciale coeso che contribuisce in modo significativo al Pil, generando un valore aggiunto di 241,5 miliardi di euro, pari a circa il 14% dell’economia nazionale. Non solo. Il settore contribuisce in modo significativo anche all’attivazione di occupazione. La filiera del retail si posiziona al primo posto tra i settori dei servizi per numero di occupati, con 2,6 milioni di lavoratori. Un elemento distintivo della filiera è, inoltre, la sua particolare attenzione alla componente femminile (60%) e giovanile (20%) rispetto alle medie nazionali di 54% e 14%. Numeri guidati anche dalla sempre più diffusa formula dell’autoimpiego in franchising, che garantisce, in particolare a neo-laureati o imprenditrici e imprenditori, un’opportunità di lavoro rilevante. La presenza capillare della filiera estesa del retail crea un impatto economico positivo su tutta la penisola, generando opportunità di lavoro e di sviluppo economico soprattutto in regioni e province tradizionalmente meno attenzionate. Circa tre imprese della filiera estesa del retail su dieci risiedono nel Mezzogiorno, 1 occupato ogni 6 lavora in Campania, Puglia o Sicilia.

I temi scottanti da risolvere

Nonostante la sua importanza consolidata, il retail specializzato sta affrontando due sfide sostanziali, in particolare legate ai cambiamenti demografici e alle pressioni inflazionistiche. Entrambe minano il potenziale di ripresa dei consumi, in Italia stagnanti da oltre un decennio e, dunque, la possibilità che il Paese torni a crescere. A fronte di queste sfide, il retail dovrà necessariamente rafforzare la componente dei servizi e personalizzare maggiormente la propria offerta, adattandola ai nuovi bisogni dei consumatori e rispondendo in modo rapido ai cambiamenti nelle abitudini di acquisto. L’Italia sta sperimentando un invecchiamento significativo della popolazione, con un progressivo declino della natalità che ha toccato il suo minimo storico nel 2023, con solo 379 mila nuovi nati. Se questa tendenza non fosse invertita, la popolazione italiana scenderebbe a 45 milioni di abitanti entro il 2070. Questo cambiamento demografico comporta una riduzione del numero di consumatori attivi, soprattutto nelle fasce giovanili, con conseguente contrazione dei consumi. La denatalità pone a rischio di insostenibilità economica interi segmenti del retail, come l’abbigliamento e gli accessori per l’infanzia. Inoltre, la fiammata inflattiva dell’ultimo biennio ha provocato un impatto asimmetrico sulle diverse fasce di reddito, influenzando maggiormente le famiglie meno abbienti. La spesa incomprimibile, come alimenti e servizi essenziali, pesa 21 punti percentuali in più sul bilancio familiare dei quintili di reddito più bassi, lasciando poco spazio per gli acquisti nel mondo del retail specializzato. Ciò minaccia in modo particolare le spese comprimibili, come abbigliamento e prodotti tecnologici, causando una contrazione delle vendite.

Ritardi nei pagamenti: l’effetto della direttiva europea

Oltre ai cambiamenti demografici e ai mutamenti delle abitudini di consumo, la filiera del retail specializzato dovrà affrontare importanti sfide normative, come l’implementazione del nuovo Contratto Nazionale per il Commercio della distribuzione moderna organizzata. A questi fattori di preoccupazione se ne aggiunge un altro, come quello relativo alla revisione della Direttiva Europea sui ritardi di pagamento proposta dalle istituzioni europee. Questa modifica normativa imporrebbe limiti più stringenti alle transazioni commerciali tra imprese (b2b) e tra governi e imprese (g2b), con un termine massimo di 60 giorni per i pagamenti e l’applicazione di interessi automatici per i ritardi. Attualmente, molti distributori subiscono gli effetti negativi dei ritardi di pagamento, soprattutto le piccole e medie imprese, spesso costrette a utilizzare crediti bancari per compensare i ritardi subiti. La revisione punta a creare un ambiente economico che incentivi la puntualità nei pagamenti, riducendo il rischio per le piccole imprese. Tuttavia, c’è preoccupazione che questo possa aumentare la pressione sui rivenditori, riducendo la loro capacità di negoziazione e influenzando negativamente la loro liquidità. Le pmi potrebbero incontrare maggiori difficoltà nel trovare nuovi contratti e investire in innovazione, impedendo l’adattamento alle esigenze di mercato. La revisione della direttiva è stata l’ultima decisione presa in sessione plenaria dal Parlamento Europeo prima delle elezioni del 6–9 giugno 2024. Per l’approvazione definitiva è necessario il voto congiunto degli organi istituzionali europei (Parlamento e Consiglio Europeo), che potrebbero apportare ulteriori modifiche al testo.

Cosa fare

L’interrogativo per i player del retail specializzato riguarda quindi le modalità con cui sviluppare strategie e strumenti innovativi che bilancino, da un lato, le esigenze richieste dal rapporto con i lavoratori e con aziende partner e, dall’altro, le necessità di far fronte al trend dei consumi e dei nuovi bisogni del consumatore. La filosofia della Società 5.0 può agire da bussola nel porre al centro della società del futuro il benessere dell’individuo, come lavoratore e come consumatore, nelle relazioni commerciali e nella customer journey.

(*)
Benedetta Brioschi | partner e responsabile Food&Retail |
Giulia Tomaselli | project coordinator Community Retail 5.0 | The European House - Ambrosetti

 

 

 

Fonte: Teha 2024

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome