Imprese dell’olio d’oliva alla prova del passaggio generazionale

Il nostro Paese è il primo consumatore e il secondo produttore a livello mondiale. Bene il fatturato delle aziende di settore, ma governance da rinnovare

L’Italia è il secondo produttore (289mila tonnellate nel 2023-24) ed esportatore (338mila tonnellate nel 2023) mondiale di olio d’oliva, oltre che il primo consumatore (415mila tonnellate nel 2023-24) e importatore (510mila tonnellate nel 2023). Nonostante questo peso, sconta i limiti dovuti allo sviluppo delle quantità prodotte riconducibili a un elevato tasso di abbandono, alla mancanza di una strategia unitaria e alla presenza di diversi produttori ancora legati a un’olivicoltura tradizionale non ammodernata.

In controtendenza rispetto alle principali nazioni produttrici, in Italia si evidenzia anche la diminuzione delle superfici a uliveto (-3,5% nel decennio 2011-21) per di più frammentate tra una miriade di produttori: appena il 2,5% delle imprese olivicole supera i 50 ettari, contro il 7,5% iberico. Anche se la Spagna, si legge nello studio, rispetto a noi “è più indietro nella capacità di valorizzazione del prodotto”.

Aziende familiari alla prova del consolidamento

Gli analisti di Piazzetta Cuccia segnalano che il settore è composto per tre quarti da imprese a controllo familiare, che in vista del passaggio generazionale potrebbe inaugurare una stagione di campagna acquisti dall’estero.

Anche perché la crescita dimensionale diventa sempre più un’urgenza e, chi non si muove da predatore, rischia di divenire preda di altri operatori.

Nei cda prevalgono le compagini asciutte (il 38% dei board ha un solo componente) e verticistiche (nel 64% dei casi le deleghe operative sono concentrate nelle mani di un singolo). Le presidenze (età media 61 anni), sono ricoperte da soggetti relativamente anziani.

Fatturato in continua crescita

Dal 2020 il numero delle aziende italiane con uno stato di salute ottimo è calato e oggi la quota si aggira intorno al 50%. In ogni caso, i segnali che arrivano dai bilanci sono confortanti. Il 2023, complice l’impennata dei prezzi delle bottiglie di olio, ha visto crescere il fatturato del 24,5% e l’attesa degli operatori per l’anno in corso è di un’ulteriore espansione delle vendite nell’ordine del 9,5%.

A questo proposito va anche ricordato che molte aziende che tricolore non producono l’olio direttamente, ma si occupano di confezionamento e commercializzazione e acquistano olio sfuso, seppur al 44% di provenienza italiana.

Infine una curiosità: in Italia la Puglia è la prima regione per produzione di olio d’oliva, con il 59,3% del totale nazionale, di cui il 45,7% dalle province di Bari e Bat (Barletta-Andria-Trani), complice il progressivo arretramento del Salento a causa della Xylella.

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