Alla ricerca di un Ccnl unificante

Mario Sassi - Senior advisor e blogger
C’è veramente bisogno di un contratto nazionale per la gdo? La soluzione ottimale potrebbe essere un “testo ombrello” per tutto il terziario

Rita Querzé, giornalista del Corriere della Sera, ha posto al presidente di Federdistribuzione Buttarelli la domanda delle cento pistole: “C’è veramente bisogno di un contratto nazionale per la grande distribuzione?”. È una domanda centrale a cui va data una risposta definitiva, forte e chiara. Non viziata da opportunismi associativi o da una difesa dell’esistente. Il dubbio che resta, dopo la firma multipla di testi applicabili nello stesso comparto è che, in prospettiva, i Ccnl si inseguano solo sul terreno della pura convenienza a danno dei lavoratori e delle insegne stesse. A mio parere, la soluzione ottimale sarebbe un “testo ombrello” valido per tutto il terziario di mercato che fissi un salario di riferimento (firmato da Confcommercio in accordo con le diverse associazioni) da cui far discendere un successivo negoziato sulle normative a disposizione di ciascuna associazione rappresentativa nei singoli comparti. Questo perché la possibilità di applicarne indifferentemente uno o l’altro (vedi Lidl, Finiper, Conad, ecc.) in base alla convenienza di insegna, li rende, già oggi, interdipendenti e senza scordare che lo stesso welfare contrattuale è già condiviso, per esempio, tra Confcommercio e Federdistribuzione (Est, Quadrifor, Fonte). Servirebbe costruire una effettiva “distintività” di comparto perché l’attuale testo è obsoleto per la gdo. Lo è nelle normative, nel sistema classificatorio e nelle declaratorie. Lo è perché non mette al centro il lavoratore in termini di impegno, sviluppo professionale, coinvolgimento e contributo all’andamento aziendale. Lo è perché è stato pensato quando la gdo era in espansione in tutti i suoi formati. Il ruolo del Ccnl è importante per gli strumenti che mette a disposizione. Il contratto del terziario di Confcommercio per la sua dimensione applicativa (tre milioni di addetti in settori diversissimi tra di loro) non è in grado di garantire questa “distintività”. Confcommercio non ha più al proprio interno questa competenza. L’ha persa a suo tempo proprio con l’uscita di Federdistribuzione e non la può riguadagnare per il ruolo, tutto sommato gregario, scelto oggi da Conad al suo interno. In più, se dovesse restare a lungo un pluralismo applicativo, la concorrenza tra associazioni si concentrerà sui costi, allargando l’area del lavoro povero, in una gara al Ccnl più conveniente. Il presidente Buttarelli fa bene a tenere i toni bassi sulle uscite e a puntare al recupero del dissenso. Sono emerse perplessità evidenti sulla gestione del rinnovo del Ccnl che coinvolgono sotto traccia altre insegne e gruppi. Perdere un’azienda leader come Lidl e una tra i soci fondatori come Finiper non è cosa da poco. A oggi, la presenza di Conad in Confcommercio, non ha portato alcun valore aggiunto alla gdo in generale soprattutto per lo stop al progetto che avrebbe potuto vedere protagonista Francesco Pugliese. Chi lavora nel comparto sa che tutto il perimetro della gdo, se vuole contare, anche sul piano del “lavoro” è da riportare all’unità. Coop comprese. Puntare sulla pura convenienza applicativa e non sulla distintività è un rischio che ha già portato alla diffusione di accordi locali in deroga al Ccnl soprattutto al sud. L’obiettivo di un’associazione non può essere quello di perdere associati con leggerezza, ma riconquistare alla causa chi ha deciso di fare un passo di lato. Il Ccnl della gdo è necessario se diventa un elemento unificante. Altrimenti adottarlo, sceglierlo o meno, dipenderà solo da un calcolo di convenienza applicativa tra testi diversi. Un Ccnl “distintivo” serve se rappresenta un passo concreto in direzione dell’unità del comparto. Altrimenti non serve a nulla.

 

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