C’è oro negli scarti dell’industria agroalimentare, come insegna l’economia circolare. Da quelli derivati dalle confetture di fragoline di bosco bio di Rigoni di Asiago nasceranno prodotti innovativi per la cosmetica, in particolare pelle e capelli.
Iniziative che uniscono ricerca e industria
Il progetto vede insieme più partner: capofila è Unifarco, specializzata nella ricerca, sviluppo, produzione e distribuzione alle farmacie di prodotti cosmetici, nutraceutici, dermatologici, dispositivi medici e alimenti funzionali, con sede a Santa Giustina (Bl). “L’idea è nostra -spiega Sara Ferrari, ingredient innovation specialist di Unifarco-. L’abbiamo proposta a Rigoni di Asiago in collaborazione con l’Università di Padova e di Venezia, un progetto a più mani. Abbiamo studiato i diversi residui di lavorazione che l’azienda ci poteva fornire (ne produce 80 tonnellate l’anno) come ribes, mora, piccoli frutti, mirtillo, melagrana. Li abbiamo analizzati grazie alle prove di estrazione fatta con l’Università di Venezia e le analisi condotte con l’Università di Padova dal nostro spinoff Unired. E alla fine abbiamo scelto la fragolina di bosco, individuando l’estratto, ricavato da semi e buccia (che vengono scartate) e che sarà utilizzato a fini cosmetici in base al profilo più interessante. Abbiamo
usato la tecnica dell’anidride carbonica supercritica per ricavare la parte lipidica”. “Il progetto ha avuto inizio un paio di anni fa e si colloca appieno nella nostra ottica di economia circolare, che prevede di arrivare al totale recupero dei residui di lavorazione della nostra frutta biologica, riducendo l’impatto delle lavorazioni sull’ambiente -sottolinea Marina Panozzo, basic & applied research director di Rigoni di Asiago-. Siamo lieti quindi di vedere il concretizzarsi di questa virtuosa collaborazione, che aderisce ai comuni valori di sostenibilità a 360 gradi delle nostre due aziende. E auspichiamo di continuare questo percorso per portare benefici al consumatore e al nostro pianeta”.
Nuove referenze sostenibili e naturali
La ricerca è destinata a portare sul mercato prodotti cosmetici naturali basati sul fitocomplesso. “L’obiettivo è arrivarci entro un paio d’anni -aggiunge Ferrari-: abbiamo la materia prima ed è in sviluppo come potenzialità. Potrà essere inserita in diversi prodotti e in diversi nostri brand, come, per esempio, Dolomia. Non è una molecola unica, ma un fitocomplesso con acidi grassi omega 3 e 6 (acido linolenico e linoleico), che vanno ad agire in concerto sull’enzima 5α-reduttasi, è questa un po’ la novità, implicato in vari disturbi della pelle come l'acne, la seborrea e l'alopecia androgenetica. Questi oli ricavati dagli scarti lavorano contro l’infiammazione della pelle e impediscono la disidratazione cutanea. Potrebbero essere usati per fiale per i capelli o prodotti con azione idratante, lenitiva”.
La circular economy potrebbe far risparmiare 103 miliardi alle imprese
L’economia circolare fa dialogare le filiere e rappresenta un enorme potenziale nell’ottica della sostenibilità. I sottoprodotti del riso diventano materiali per la bioedilizia, come dimostra la startup Ricehouse; dagli scarti degli agrumi raccolti da Orange Fibe nascono fibre tessili; dai fondi del caffè Coffefrom produce biopolimeri: gli esempi sono innumerevoli. Secondo il Circular Economy Report redatto dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano le pratiche di economia circolare adottate dal comparto manifatturiero italiano hanno garantito nel 2022 un risparmio di 1,2 miliardi di euro. Occorrerebbe però decuplicare questa quota per sfruttare appieno il potenziale che ci potrebbe permettere di risparmiare 103 miliardi al 2030. L’Italia è comunque seconda in Europa per numero totale di brevetti relativi all’economia circolare e sono 210 le startup circolari. La pratica della circolarità riguarda poi il 60% delle grandi imprese e il 29% delle piccole.