Il decennio delle chiusure, un altro volto del retail italiano

Chiusi 17mila battenti nelle grandi città, i commercianti provati da inflazione, caro immobili e concorrenza del web. La moda è la più colpita. Turismo risorsa per il micro-commercio, overtourism una minaccia. Exploit di grandi magazzini (+133%) e discount (+95%) tra le nuove aperture

Le grandi città italiane, negli ultimi dieci anni, hanno perso il 9% degli esercizi commerciali: sono 17.000 unità in meno, su 104.000 che hanno chiuso in tutta Italia nello stesso periodo. Un’analisi di Infocamere su quattordici grandi città, elaborata da Il Sole 24 Ore, salva soltanto Napoli (+7%), Reggio Calabria (+5%) e Milano (+3%) dal trend negativo. Le più colpite sono Bari (-22%), Roma (-18%) e Torino (-17%), ma presentano un bilancio più severo della media anche super-destinazioni turistiche come Firenze e Venezia (-13%).

I fattori che incidono sulle chiusure sono numerosi e aprono riflessioni sul dinamismo delle varie industry, più o meno adattive a contesti nuovi e abitudini di consumo in rapido mutamento. È in costante crescita la quota di mercato dell’e-commerce, che secondo uno studio del Politecnico di Milano ha fatto salire di 17 miliardi il valore dei beni venduti online in Italia negli ultimi cinque anni. Allo stesso tempo pesano l’inflazione, l’aumento dei costi energetici e la gentrification, che per molte categorie rende meno accessibile l’affitto di location all’interno dei centri storici. Lo stesso fattore turismo viene messo sotto la lente e mostra una natura ambivalente: da un lato, fornisce un ricambio di utenza - e quindi di licenze - ad alcune città che scendono di popolazione e salgono di età media (come Genova, in trend con il -9%). Dall’altro lato, il cosiddetto overtourism contribuisce a un aumento di costi immobiliari che piega numerose attività indipendenti tradizionali. E paradossalmente, incide in modo negativo anche sul potenziale turistico della località, che con i suoi negozi perde know-how e punti di riferimento.

Il bilancio delle chiusure pesa anzitutto sul settore della moda (-22%), che solo nelle grandi città conta 5.500 esercizi persi e fa il suo record in valore assoluto a Roma, dove dal 2013 hanno chiuso duemila negozi di abbigliamento e quasi 500 di accessori. In affanno ovunque anche il settore dell’arredamento (-30%), che ha perso duemila esercizi tra il 2013 e il 2023, e gli alimentari, diminuiti di un decimo. «Settori come arredamento e giocattoli sono spariti dalle città - dice a Il Sole 24 Ore Mariano Bella, direttore dell’ufficio studi di Confcommercio - perché si sono ricollocati in contesti ad hoc come i centri commerciali». Tuttavia, alcune amministrazioni reagiscono promuovendo e finanziando proprio il lato sociale del commercio di vicinato, come mostra l’esperienza virtuosa di FROM a Bari raccontata da Altavia Watch.

La concorrenza dell’e-commerce, per alcune categorie, gioca un ruolo aggressivo che il piccolo o medio retailer locale non riesce a contrastare, specialmente se deve alzare i prezzi per far fronte all’aumento dei costi vivi. Un quarto dei consumatori italiani (24.6%), secondo l'ultimo report di Casaleggio Associati, confronta i prezzi online almeno una volta alla settimana, prima di fare un acquisto. Se lo stesso prodotto è facilmente reperibile sul web a un prezzo più basso e la visita in negozio non esercita un richiamo sufficiente, si può assistere a drastici cali delle vendite in interi comparti e quindi a chiusure, come accaduto negli ultimi anni con molte librerie, ferramenta, profumerie e negozi di articoli sportivi. Le relative quote di mercato vanno ripartendosi tra e-commerce e grandi superfici, non solo specializzate. La rivelazione del decennio sono infatti i grandi magazzini: le superfici sopra i 400 mq con almeno cinque reparti non food sono più che raddoppiate (+133%) nelle grandi città - con la forte spinta della profumeria - e cresciute dell’85% a Roma. Tutta in positivo la GDO, con supermercati (+7%), ipermercati (+33%) e la big performance dei discount (+95%).

Tra tante chiusure, qualcuno cerca una strada alternativa: il 36% dei commercianti si reinventa, secondo l’Osservatorio Imprenditoria Retail 2023, e per più di un terzo di questi la scelta preferita è la ristorazione. Va detto che un anno fa è stato raggiunto un triste record anche in questo settore, che ha riportato il saldo peggiore di sempre (17.168 unità secondo Ristoratore Top) tra attività cessate e attività iscritte. Una flessione che ridimensiona la varietà caleidoscopica delle cucine italiane, ma fa anche spazio a nuove imprese.

Autore di contenuti di comunicazione specializzato in retail. Predilige i punti di vendita della grande distribuzione e la sostenibilità della filiera alimentare. È con Altavia Italia dal 2015, come copywriter, strategist e redattore di altavia.watch

Altavia Italia

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