Trade Marketing: come ottimizzare i processi commerciali e il valore aziendale

Il Trade Marketing, finalizzato a stimolare le aziende di produzione ad adottare più efficaci strategie di sell-in, si pone come ambito dal grande potenziale ancora poco sfruttato nel panorama delle relazioni industria-distribuzione

Esiste una disciplina che si concentra sulle strategie e sulle attività volte a promuovere e vendere prodotti o servizi attraverso i canali di distribuzione intermediari: si chiama Trade Marketing.

Per comprendere di che cosa si tratta, è necessario approfondire:

1. Qual è lo scenario macroeconomico del Trade Marketing;

Trade Marketing: perché se ne deve parlare ora?
Trade Marketing nel mondo CPG e FMCG
Trade Marketing per colmare il gap tra strategia ed esecuzione

2. Chi si deve occupare di Trade Marketing;

Di prossima pubblicazione:

3. Qual è la differenza tra Trade Marketing e Consumer Marketing;

Quali sono le potenzialità del Trade Marketing
Revenue Growth Management e Category Management
Trade e Consumer Marketing: come ripartire gli investimenti?

4. Il ruolo dei canali di distribuzione intermediari

1. Qual è lo scenario macroeconomico del Trade Marketing

La grande complessità e discontinuità dell’epoca attuale sta facendo emergere una riconfigurazione del processo di globalizzazione. Si osserva, infatti, una progressiva frammentazione del tessuto economico e commerciale globale che ha un costo considerevole in termini di efficienza, sviluppo e crescita economica. Ciò ha un impatto a livello macro talmente considerevole che secondo stime dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e del Fondo monetario internazionale (FMI), la crescita a lungo termine del PIL su scala globale potrebbe contrarsi dal 5 al 7%, per una cifra pari a 7.400miliardi di dollari.

Inoltre, facendo riferimento a quanto riportato nel “Rapporto di previsione” di Confindustria dell’autunno 2023, viene confermato un quadro economico debole ed incerto, in cui l’Europa sta risentendo dell’inflazione ancora elevata e prospettive di crescita al ribasso, legate anche all’ampliamento delle tensioni geopolitiche. L’Italia, in tale contesto, registra un andamento del PIL in forte rallentamento rispetto al 2022, quando era cresciuto del +3,7%.

Come si legge nel report Confindustria, “l’attività manifatturiera mondiale ha subito una sostanziale battuta d’arresto, dopo il forte rimbalzo successivo allo shock da Covid. Hanno pesato vari fattori: lo spostamento dei consumi dai beni ai servizi, come quelli turistici, l’indebolimento dell’industria europea, che gravita intorno a quella tedesca, e le condizioni più difficili per la domanda, soprattutto di investimenti, a causa della stretta sul credito e del graduale esaurirsi delle politiche emergenziali. Ciò si è riflesso in un calo del commercio mondiale di beni, che è frenato in modo particolare dall’elevata incertezza geoeconomica, dal rafforzamento del dollaro (valuta di riferimento di buona parte degli scambi) e dal moltiplicarsi delle barriere commerciali (oltre 3mila nel 2022, da meno di mille nel 2019)”.

Focalizzandosi su quello che è l’ambito del commercio globale, si osservano dei cambiamenti riguardanti, da un lato, la struttura dei mercati e, dall’altro, le condotte delle imprese che operano nelle fasi della produzione e della distribuzione. Il tutto, però, è come se si canalizzasse in quella che risulta essere la configurazione delle “catene del valore” aziendali, andando a toccare vari aspetti.

Trade Marketing: perché se ne deve parlare ora

Tra questi aspetti, è possibile menzionare diversi punti esemplificativi come segue.

  • Livelli di concentrazione aziendale (M&A, cambi di business model): la concentrazione aziendale di un mercato fa riferimento, per lo più, alla capacità intrinseca di aziende di grandi dimensioni di far fronte a cambiamenti (anche repentini) grazie a caratteristiche di liquidità, accesso al credito, capacità negoziale, polmone produttivo, investimenti, ecc. Si può, quindi, supporre che l’aumento o la diminuzione del grado di concentrazione settoriale possa essere anche sintomo di una profonda fase di cambiamento tecnologico. Se quest’ultimo è di segno positivo, tali società più innovative sono tendenzialmente in grado di coprire quasi istantaneamente l’intera domanda di mercato, causando l’uscita dal mercato stesso delle società incapaci di rimanere sulla frontiera tecnologica. Quindi, dimensioni aziendali (specie se risultato di realtà diverse e aggregate che concorrono ad un arricchimento di know-how aziendale) e ricorso alle nuove tecnologie sono un binomio capace di influenzare gli equilibri di mercato;
  • propensione alla digitalizzazione: rappresenta un’essenziale leva per entrare e restare sul mercato in maniera competitiva, puntando a crescita, internazionalizzazione e delineando un nuovo approccio al lavoro. Ciò si concretizza siain termini di ruolo della forza lavoro e delle sue skill, sia di operatività che vede nelle tecnologie e nell’intelligenza artificiale i punti nevralgici per il futuro;
  • innovazione dei brand: implica un approccio alla ricerca del nuovo e della creatività che coinvolge tutti gli aspetti del brand, partendo dall'analisi di mercato e della concorrenza, ad una strategia di proposta sul mercatoche non si limiti ad alcune fasi del funnel, fino alla customer experience;
  • differenziazione dei prodotti: la percezione dei clienti, B2B o B2Cche siano, impatta molto sulle dinamiche concorrenziali legate ad un determinato prodotto. La differenziazione consente di ridurre il grado di omogeneità dei prodotti e la sostituibilità tra articoli, evitando la mera competizione di prezzo tra imprese e promuovendo la fidelizzazione dei consumatori e dei retailer. Da qui si capisce come il lavoro sulle caratteristiche/immagine del prodotto e della marca sono aspetti molto rilevanti da prendere in considerazione;
  • strutture organizzative commerciali: l’obiettivo è quello di creare sinergie tra marketing e vendite, puntando ad una gestione funzionale dei canali della distribuzione, della forza vendita, dei magazzini, dei piani di promozione e della pubblicità.

Trade Marketing nel mondo CPG e FMCG

Puntando la lente d’ingrandimento sul mondo dei Consumer Packaged Goods (CPG) e dei Fast-Moving Consumer Goods (FMCG), si nota anche in questo settore la necessità di risposte per gestire la volatilità e fluttuazione dei prezzi, l’inflazione e tutta una serie di difficoltà relazionali con i vari player di mercato, così come il cambiamento dell’approccio al mercato sia dal punto di vista assortimentale che di pianificazione promozionale, oltre che il cambiamento nel peso canali e l’ingresso nuovi canali.

L’ultimo FMCG/CPG & Retail report di YouGov, edito nel 2023, ha proprio messo in luce come stiano evolvendo le abitudini dei consumatori in risposta al carovita, e come i brand possono adattarsi. Riportando alcuni insight a livello globale, per il 55% dei consumatori i generi alimentari sono la categoria più colpita dall’inflazione; il 48% dei consumatori dichiara di aver aumentato la spesa per alimenti e bevande negli ultimi 12 mesi; quasi 4 consumatori su 10 (39%) prevedono di ridurre la spesa per l'abbigliamento nei prossimi 12 mesi; e il 34% degli intervistati dichiara di aver risparmiato acquistando alternative più economiche e il 40% intende farlo in futuro.
Ne emerge come Smart Spending e Smart Shopping siano diventate, lato domanda, le nuove priorità e si apre una riflessione sulle mosse lato offerta, che per far fronte a tali richieste del mercato vede in un fronte sinergico la soluzione. Ed è proprio nella messa a terra di questa sinergia che il concetto di Trade Marketing si colloca, coinvolgendo sia i canali tradizionali, sia quelli digitali.

Trade Marketing per colmare il gap tra strategia ed esecuzione

Questa disciplina, infatti, permette di lavorare sulla riduzione del gap tra strategia ed esecuzione. Tale gap è connaturato ai sistemi di filiera, nei quali le decisioni strategiche delle industrie di produzione, in termini di prodotto e proposizione sul mercato risultano sempre più condizionati e vincolati dalla struttura dei canali di distribuzione e dalle politiche di retailing messe in atto dalle imprese commerciali.

In un’economia come quella attuale, la distribuzione non ha più un ruolo esclusivamente logistico, ma governa un proprio marketing mix, tanto da diventare non solo una vetrina, ma anche imponendosi come un proprio partner e interlocutore senziente, di cui le imprese produttive devono occuprsi in maniera pro-attiva percondizionare il posizionamento competitivo e le performance di mercato.

Il Trade Marketing, allora, interviene come collante tra ruoli commerciali aziendali interni, relazione con distribuzione, ed effettiva modalità di presentazione dei prodotti sul mercato. Ciò ha un impatto nella formulazione di un indirizzo strategico e di investimento, supervisionandone la corretta presentazione ai clienti interni (venditori) e quindi ai clienti B2B (trade), con lo scopo di vedere applicate al meglio le direttive e raccogliere, infine, informazioni di ritorno per validare le strategie.

2. Chi si deve occupare di Trade Marketing?

Da quanto fin ora esposto, emergono degli spazi d’intervento ancora piuttosto trascurati. Il mercato intermedio della distribuzione rappresenta per l’industria uno spazio da presidiare al pari del mercato finale del consumatore. Quindi, i rapporti industria-distribuzione non possono più essere interpretati solo in termini di relazioni di compravendita di prodotti, ma anche in termini di relazione strategica.

Facendo rientrare tutte queste riflessioni nel paradigma del Trade Marketing, è utile identificare chi – all’interno di un’azienda – debba occuparsi di Trade Marketing. Quindi, non si tratta solo di coinvolgere i buyer, ma anche di fare crescere in azienda delle figure manageriali (Trade Marketing Manager) di medio livello capaci di capire il ruolo di connettore e di interfaccia funzionale con produzione, marketing e vendite. Questa funzione, essenziale nel coordinamento degli investimenti sul trade e capace di guidare l’ultimo miglio del go-to market, crea in azienda uno spazio-ponte capace di generare un non trascurabile vantaggio competitivo.

(Capitolo 3 e 4 di prossima uscita)

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