A fronte di un anno molto difficile per il venture capital (in Italia gli investimenti si sono dimezzati rispetto al 2022, attestandosi a un miliardo di euro), le somme allocate nelle startup italiane dell’agrifoodtech sono cresciute del 9,8%, raggiungendo quota 167 milioni di euro.
A rilevarlo è il primo Report italiano sullo stato del Foodtech di Eatable Adventures, tra i principali acceleratori del settore, promosso dal Verona Agrifood Innovation Hub, sostenuto da Fondazione Cariverona, UniCredit, Eatable Adventures, Comune di Verona, Veronafiere, Confindustria Verona e Università di Verona.
La fotografia delle imprese
Il censimento ha rilevato la presenza di 340 startup nel comparto, con il 30% che ha sede in Lombardia, seguita dall’Emilia-Romagna (11%), con il Piemonte a chiudere il podio, seguito da Veneto e Lazio. Quasi un’azienda su due è nata tra 2022 e 2024, grazie soprattutto all’accelerazione registrata dal progresso delle tecnologie.
Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di microimprese (il 69% delle realtà non supera i cinque dipendenti e il 13% non va oltre quota dieci). L’età media dei dipendenti è di 35,6 anni, con le donne che sono ben il 32% dei founder. Per avere un termine di paragona, le imprenditrici in Italia sono
circa il 10% del totale, mentre le imprese con team misti non superano il 16%. Questa osservazione non solo evidenzia la presenza di donne in ruoli chiave all'interno del settore delle tecnologie alimentari, ma suggerisce anche che l'industria ha un fascino particolare e impegna attivamente le donne.
Quattro sottocategorie
Sono quattro le categorie individuate da Eatable Adventures nell'analisi dello stato del foodtech in Italia: agritech (tecnologie applicate all’agricoltura), produzione e trasformazione alimentare (caratterizzata dalla realizzazione di nuovi prodotti con ingredienti innovativi, è la componente più numerosa), retail & distribuzione (robotica applicata, piattaforme di analisi retail, nuovi canali di vendita e così via) e restaurant tech& delivery (piattaforme di prenotazione e gestione; robot di cucina e così).
Innovazione sviluppata in casa
Il 66% del campione sviluppa internamente le proprie tecnologie, senza collaborazioni con terze parti: solo il 12% ha cooperato con le università, il 2% con poli tecnologici e il 13% con altre aziende esterne. Ciò significa che circa il 70% delle startup mostra un livello di sviluppo autonomo notevolmente elevato, evidenziando una solida maturità tecnologica.
Guardando alle tecnologie più impiegate, l'intelligenza artificiale emerge come quella predominante, utilizzata dal 42,86% delle startup intervistate; seguono a ruota il machine learning, con un tasso di utilizzo del 37,14% e le biotecnologie con uno del 32,38%.
Per proteggere la proprietà intellettuale delle innovazioni create, elemento fondamentale per garantire la competitività sul mercato, oltre la metà delle startup (54,3%) implementa la registrazione di marchi nel proprio modello di business e il 40% possiede almeno un brevetto, mentre il 19% si affida al segreto commerciale.