(*) client manager, innovation & shopper - Kantar
(**) delivery manager, operations - Kantar
A causa dell’innalzamento dell’età pensionabile e dell’aspettativa di vita media in Italia, per la prima volta nella storia, nelle nostre aziende convivono 4 -se non addirittura 5 diverse generazioni. Nel mondo del lavoro si trovano infatti a lavorare fianco a fianco: la silent generation (74+ anni), i baby boomers (55-74 anni), la generazione x (35-54 anni), i millennials (25-34 anni) e la generazione z (18-24 anni). Questo spiega perché il tema della sinergia generazionale sia oggi così caldo e degno di profonde riflessioni. Tuttavia, spesso lo storytelling legato al tema delle generazioni rischia di cadere in una retorica semplificante o nel washing: una generazione è invece molto più di un gruppo di persone della stessa età. Nella nostra concezione, si tratta di un gruppo sociale accomunato dal fatto di aver vissuto nel cuore dell’adolescenza alcuni eventi (di tipo sociale, politico, istituzionale o tecnologico ecc.) talmente dirompenti da aver agito in termini trasformativi nella formazione della propria identità, conferendo un imprinting che resterà per sempre. Sotto questa luce, possiamo allora pensare alle generazioni come mondi valoriali definiti, che si riflettono nelle relazioni all’interno della società, della famiglia e del luogo di lavoro. Se immaginiamo il luogo di lavoro come un “grande team multigenerazionale”, la ricetta per andare d’accordo e innescare una sinergia costruttiva sta nel rispetto reciproco delle identità e anche degli stili di leadership/player che le diverse generazioni hanno per vocazione dentro i team. Pensiamo ad esempio ai baby boomer: la generazione del ‘68, della legge sul divorzio e sull’aborto, la generazione che in adolescenza ha esperito tante "primogeniture" (la prima minigonna, il primo uomo sulla Luna, la prima lavatrice ecc.). Una generazione che ha cambiato il mondo e che ancora oggi resta fortemente idealista. Sul luogo di lavoro porta un’attitudine presenzialista, è spinta dal senso del dovere e dalla volontà di esercitare una forte influenza. Per questo, il suo ruolo elettivo in azienda è quello dell’esperto e del mentor, che possa dare la vision alta e ispirare. Ci sono poi gli appartenenti alla generazione x: cresciuti a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90, chiamati a schierarsi continuamente tra grandi opposizioni, spesso definiti un po’ cinici e inclini a un desiderio di fuga dalla realtà, di evasione verso mondi aspirazionali. Sul lavoro sono dei preziosi project manager, che in team aiutano a ottenere il risultato con tenacia. I millennials, invece, sono stati adolescenti quando esplodevano il web e i primi social: vivono la globalità in modo profondo, con grande curiosità e apertura. La loro ambizione sul lavoro sta nel trovare un ambiente in cui stare bene e che rispecchi i propri valori, che valorizzi il loro desiderio di varietà e crescita (anche) orizzontale. In un team, il loro ruolo elettivo è quello del “challenger”: ha la mentalità giusta per distruggere i silos e stimolare i cambiamenti. La generazione z è cresciuta in anni segnati da crisi e discontinuità, quindi, per forza di cose, molto resiliente. È anche detta generazione TikTok perché riafferma la dimensione del fare e della competenza, sguardo rinnovato che porta anche a riflessioni su sostenibilità e Inclusion&Diversity. In un team multigenerazionale, ambisce ad avere posizioni da leader per cambiare davvero lo status quo e portare a un’evoluzione positiva.
Rispetto e condivisione
La chiave per poter convivere insieme è, quindi, innanzitutto il rispetto delle reciproche differenze, che passa attraverso una reale conoscenza e comprensione delle identità generazionali. In secondo luogo, lo sviluppo di pratiche di condivisione e ascolto attivo possono aiutare a far mettere le persone “nei panni di”, per potere approdare alla collaborazione in ottica di una vera cocreation. Diamo uno sguardo ai dati: sul lavoro, la generazione z e i millennials sono pronti ad alzare la voce per farsi sentire, tenendo fede ai propri valori. Non è un segreto che le nuove generazioni siano più attente all’ambiente, alla salute mentale e a un equilibrio migliore fra la vita lavorativa e quella privata. Non stupisce quindi leggere nei dati dell’Eurobarometro che il 93% dei giovani sceglierebbe un’azienda che offre, oltre ai benefit, anche un buon salario e che rispetti l’equilibrio lavoro-vita privata. È proprio ciò che si nota anche dai dati Global Monitor di Kantar: i genz e i millennials sono quelli che mostrano una maggior sofferenza ritenendo che il lavoro spesso si intrometta nella propria vita privata. Riflettere sui diversi imprinting generazionali è utile anche quando si considerano le aspettative sul futuro in azienda: i boomer si trovano spesso già nei ruoli più alti delle aziende, mentre i più giovani, essendo entrati anche da meno tempo in azienda, è comprensibile che vogliano scalare le gerarchie. Questo però non è solo un dato anagrafico, ma è pienamente in linea con i valori che contraddistinguono ciascuna generazione. La generazione z, ad esempio, è molto concreta, sa che può fare la differenza e vuole avere voce in capitolo nel processo decisionale. La sinergia intergenerazionale in questo caso potrebbe esplicitarsi attraverso un affiancamento a risorse baby boomer, che sanno essere degli ottimi mentor e possono guidare i più giovani in questa realizzazione. Riuscire a far convivere diverse generazioni nel mondo del lavoro non è soltanto una sfida per le aziende, ma anche una grande opportunità: si sa che aziende caratterizzate da pluralità identitarie sono più profittevoli e orientate al successo. È quindi importante conoscere queste diverse generazioni e attivare delle strategie che possano permettere una proficua convivenza.