(*) strategist FutureBrand
Viviamo in una realtà che si alimenta di paradossi, costretti ad ascoltare ogni giorno notizie che mettono a dura prova il più inguaribile degli ottimisti. Su una cosa, però, il consumatore non molla: la ricerca dell’opzione migliore. Perché essere in salute non è una condizione sufficiente a sostenerci in un mondo iper-frenetico; puntiamo a un benessere completo, alla prevenzione. Ci sentiamo sempre più responsabili delle scelte che facciamo, non solo nei confronti di noi stessi, ma dei nostri cari e del pianeta. E qual è la metafora più efficace in grado di riflettere le nostre scelte? La spesa. Osservando il carrello di qualcuno, si può intuire molto sulla sua personalità, i suoi gusti e le sue convinzioni.
Due mondi a confronto
Il canale preferenziale usato dagli italiani per la spesa è la gdo con un ventaglio d’offerta ampio, con proposte ben selezionate e sempre più attente e sensibili alla qualità e alla provenienza degli ingredienti. Se i player principali della gdo stanno facendo passi da gigante nel soddisfare target sempre più esigenti, permane una certa distanza tra loro e il mondo dei produttori/agricoltori. Facendo leva su questo gap e utilizzando un modello di business che accorcia la filiera, sono nate marche che offrono una promessa specifica e verticale. Questo trend cavalca il momento e si avvale spesso delle opportunità e degli investitori che proliferano nell’agritech, generando un boom di startup in grado di competere anche nel mercato internazionale.
La promessa degli specializzati
I brand nati con un racconto e una proposizione di marca verticale si concentrano soprattutto nella categoria del fresco. L’aspetto interessante di queste marche è proprio la loro anima duplice: partono dal valore e dalla riscoperta dell’artigianalità, ma vivono per lo più in una dimensione digitale. Una tra le prime food-tech company, fondata nel 2011, è Cortilia. Il suo eCommerce consente di ricevere a domicilio prodotti provenienti da piccole e medie aziende selezionate su tutto il territorio italiano. Cortilia punta sulla filiera corta per la vendita di prodotti locali (70% delle vendite totali), per la freschezza dei prodotti, garantendo un tempo limitato tra la raccolta, la produzione e la consegna e, infine, per il rapporto diretto instaurato con le aziende produttrici da cui acquista direttamente, saltando le intermediazioni e abbattendo le spese relative a conservazione e trasporto. Nel caso di Cortilia è la promessa di autentica genuinità ‘’La spesa online, dalla campagna a casa tua’’ a essere specifica poiché, oltre a frutta e verdura fresca di stagione, l’offerta comprende anche pesce, carne, salumi, formaggi passando per uova, pane, vino e birra fino ad arrivare a prodotti per la cura della persona e per la pulizia di casa e animali.
Vi sono altre marche, come Citrus che affiancano a una promessa ben precisa -valorizzare il mondo della frutta e della verdura in Italia- un’offerta che ricalca in modo puntuale questa visione. Altro aspetto interessante di queste realtà è che coinvolgono nella loro ricerca varietà italiane dimenticate o considerate minori, riproponendole e dando loro nuovo lustro, senza tuttavia, massificarle, ma rispettandone stagionalità e ritmi. Uno su tutti, il bergamotto rilanciato da Citrus.
Proliferano anche brand che scommettono sui prodotti di punta del Made in Italy come, per esempio, la pasta. Miscusi, nato come catena di ristoranti dall’approccio giovane e innovativo, ha sviluppato il format Miscusi Bottega, gastronomie di quartiere dove acquistare prodotti e ingredienti freschi del marchio da cucinare a casa. L’obiettivo di “diffondere lo stile di vita mediterraneo nel mondo, attraverso una pasta rigenerativa sia per l’uomo che per l’ambiente” abbraccia il mantra trasversale alle varie industry: “Good for you, good for the Planet’’.
In un ambiente soprattutto digitale troviamo Pasta Evangelists, che ha la missione di portare la qualità e il sapore autentico tipico della pasta fresca fatta a mano, nelle cucine inglesi. Anche in questo caso, l’offerta si concentra su prodotti stagionali con ricette che cambiano ogni settimana. Questa tipologia di marche non vive solo nel settore dei prodotti alimentari di nicchia, ma si occupa anche di beverage come, per esempio, Tannico, l’ecosistema digitale del vino in Italia.
Brand specifici anche per il B2b
L’idea di filiera corta sta toccando anche il mondo b2b. Soplaya è un marketplace che connette chef e produttori, permettendo ai primi di acquistare direttamente dai produttori risparmiando fino al 20%. Il suo punto di forza è la grande varietà di scelta: oltre 10.000 prodotti freschi e stagionali, un eccellente rapporto qualità/prezzo e la semplificazione del controllo della marginalità dei piatti, possibile attraverso aree riservate e all’accesso a dati utili per il proprio business. O, ancora, Direttoo, piattaforma digitale su cui i ristoratori possono acquistare ciò di cui hanno bisogno. Direttoo nasce dall’insight secondo cui difficilmente il prodotto locale arriva sulle tavole dei ristoranti perché non viene offerto. Grazie al suo hub, il brand raccoglie la merce sgravando i produttori dalle spese di consegna e compiendo per loro l’ultimo miglio.
Tra i vari esempi di marche capaci di puntare su un’offerta di nicchia accorciando la filiera, vi sono brand che vendono direttamente ciò che producono e altri che si configurano come selezionatori e semplificatori della filiera. In entrambi gli scenari, la promessa prende forma a partire da valori come l’artigianalità, la stagionalità, la valorizzazione delle varietà, la trasparenza e la sostenibilità, intesa in tutte le sue accezioni. Sono opportunità per tutte quelle marche che altrimenti non potrebbero competere nella gdo o non riuscirebbero da sole a distribuire i loro prodotti in modo capillare. Ma quanto questi brand incideranno sulle modalità di consumo e le abitudini d’acquisto dei consumatori? Sappiamo che gli eCommerce e i marketplace sono in crescita ma, almeno in Italia, difficilmente andranno a rimpiazzare le attuali modalità di consumo e a sostituirsi ai canali di distribuzione nella gdo. In primo luogo, perché l’Italia sconta costi di logistica elevati dovuti alla presenza di moltissimi centri abitati medio-piccoli e, in ultimo, la modalità di accesso alle offerte di queste marche avviene solo per sottoscrizione, abbonamento e programmi fedeltà. Un approccio che soddisfa il desiderio dei consumatori di sapere che il loro acquisto ha contribuito in maniera concreta a sostenere imprese locali e a ridurre l’impatto ambientale, ma che è destinato a rimanere circoscritto a offerte di nicchia. La vera potenzialità di questi brand dall’offerta specifica e dalla filiera semplificata non è, quindi, tanto l’andarsi a sostituire gradualmente alla gdo perché, stando agli attuali valori di consumo, la domanda di beni alimentari non può essere soddisfatta solo dalle filiere locali, ma piuttosto andare a integrarne in modo complementare l’offerta anche attraverso future collaborazioni, diventando a tutti gli effetti portavoce di quell’inestimabile patrimonio tutto italiano di piccole-medie imprese d’eccellenza.
Brand dall’offerta specifica e dalla filiera semplificata soddisfano le esigenze di quei consumatori che vogliono contribuire in modo concreto a sostenere imprese locali e ridurre l’impatto ambientale