Quello che mettiamo in tavola ha un impatto diretto sull’inquinamento, e di conseguenza sui cambiamenti climatici. Di certo non si tratta di un’evidenza nuova, ma fa specie leggere i risultati di un report realizzato dalla società di consulenza AlixPartners.
Un quarto delle emissioni totali
Tra le altre cose, emerge che le scelte alimentari pesano per il 24% di tutte le emissioni pro-capite, quota che sale al 28% se si considera anche la deforestazione importata. Per fare un confronto, l’ultimo dato è superiore all’impatto legato alla produzione di veicoli e altri mezzi di trasporto, che si ferma al 25%. Tra i generi alimentari che inquinano di più, in testa ci sono quelli di origine animale. Fino a 59,6 kg di CO2 equivalenti per ogni kg di carne bovina prodotta. Se si guarda all’Italia, l’85% delle emissioni nel settore alimentare riguarda i cibi di origine animale, come carne, latticini e uova.
Consapevolezza limitata
Un altro risultato interessante dello studio è relativo alla consapevolezza dei consumatori. Se oltre il 97% dei partecipanti si mostra preoccupato per la situazione dell’ambiente e il 56% ritiene di contribuire negativamente all’inquinamento con le proprie abitudini di trasporto, meno del 20% è consapevole che anche le scelte alimentari possano avere un impatto decisivo in termini di emissioni.
A questo proposito, AlixPartners che ha calcolato il “delta di riduzione delle emissioni delle principali diete alternative” vs una dieta onnivora – mangio tutto. Il flexitariano (mangia tutto, ma riducendo il consumo di carne) può ridurre le emissioni alimentari fino al 31% rispetto all’onnivoro. Per il pescetariano (non mangia la carne, bensì il pesce) la riduzione scende al 25%, mentre per il vegetariano (non mangia né pesce, né carne) la riduzione sale al 36%, e raggiunge il 48% nel caso del vegano (non mangia alimenti di origine animale).
Abitudini da cambiare
Alla domanda “Pensi di cambiare regime alimentare?”, più della maggioranza (62%) risponde “No”. Questa contrarietà al cambio dieta diminuisce del 21% nel caso in cui vengano proposte loro “alternative vegetali” alla carne.
“Secondo la nostra analisi, una maggiore penetrazione degli alternative food in Italia, cioè la sostituzione di proteine di origine animale con alternative vegetali , potrebbe contribuire a una riduzione del 10% delle emissioni alimentari, equivalenti a circa 10 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 - sottolinea Michele Carpanese, director di AlixPartners -. Ad oggi, l’aumento del consumo di proteine di derivazione vegetale sembra essere maggiormente ostacolato dal costo, considerato eccessivo dal 52% dei partecipanti al sondaggio, e dal sapore, considerato non ancora all’altezza dal 56%”.
Infine lo studio segnala che, con un calo progressivo del costo legato alla produzione di proteine di origine vegetale e una mimica sempre maggiore di gusto e consistenza delle proteine animali, la maggioranza degli italiani punterebbe a ridurre il consumo di carne tradizionale. A tendere, l’impatto economico sulla filiera sarebbe forte, sino a una perdita di fatturato di circa il 20% rispetto a oggi.