Il 70% delle aziende a livello globale sostiene che nel 2022 ci sarà un turnover mai visto prima. Questo un primo significativo risultato che emerge dalla ricerca Mercer Global Talent Trends 2022, che ha coinvolto 11.000 dirigenti apicali, responsabili HR e dipendenti di aziende estere e italiane. Abbiamo già menzionato come 1 lavoratore del Belpaese su 2 non sia soddisfatto del proprio impiego e, questo ulteriore dato conferma ancora una volta quanto il ruolo delle risorse umane debba diventare sempre più centrale per tutti i business e vada inteso non come funzione a sé stante ma diffusa e trasversale a tutti i reparti.
“Le aziende hanno oggi l’incredibile opportunità di sfruttare gli strumenti di empatia perfezionati durante la pandemia per dare vita a un modo nuovo di collaborare, più empatico e quindi più sostenibile”, ha evidenziato Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia.
Sfide e priorità al 2024
Quali sono, dunque, le top sfide e priorità in quest'ambito da qui ai prossimi due anni? Guardando ai risultati del nostro Paese, con un breve e successivo focus relativo al settore retail, quello che emerge è come la priorità più importante per gli HR italiani nei prossimi due anni sia rappresentata dalla scelta di strategie in grado di aumentare l’agilità (42% contro il 35% globale). Al secondo posto, il 38% mette il miglioramento della pianificazione della propria forza lavoro per disegnare le strategie buy/build/borrow dei talenti (in linea con il dato globale del 39%). Al terzo posto investimenti in programmi di upskilling e reskilling, seguiti da strategie per lo sviluppo di un processo decisionale human-centric. Seguono strategie di “total well being” che garantiscano stabilità mentale, finanziaria, sociale e fisica dei dipendenti, così come programmi per garantire la parità salariale e l’assunzione di strategie di diversity, equity & inclusion.
Nei confronti delle strategie da adottare per garantire un flusso costante di talenti nel 2022, la maggioranza degli HR a livello globale (50%) sceglie di focalizzarsi sul buon funzionamento dei processi di selezione, assunzione e sviluppo, specialmente in relazione alle nuove competenze richieste (44% in Italia). Sempre la metà degli intervistati vorrebbe migliorare il proprio brand di employer responsabile (42% in Italia). La strategia più votata dagli HR italiani per attrarre e trattenere i talenti è investire nella parità salariale (45% degli intervistati, in linea con quello globale). I responsabili HR italiani pensano inoltre di investire nel mirare a reskilling e upskilling, con particolare riferimento alle competenze più difficoltose e onerose da trovare. Il nostro Paese (46%) è anche al primo posto tra i paesi che intendono offrire programmi di mobilità legati a obiettivi di diversità e inclusione, mentre il resto del mondo è più focalizzato a implementare l’offerta di “work from anywhere” in generale (46% degli HR intervistati nel mondo, versus il 39% in Italia).
Rispetto alle strategie di ridisegno organizzativo, nel 2022 gli HR italiani intendono principalmente utilizzare risorse agili e flessibili per vedere evolvere i propri progetti HR e soddisfare i bisogni dell’azienda (55%, in linea con il dato globale). In seconda istanza intendono implementare modelli di interazione personalizzata high-touch per determinate mansioni, come la reception (53% contro un dato globale del 43%).
Ostacoli e risultati attesi
Il maggiore timore espresso rispetto al lavoro agile è la perdita di trasmissione di conoscenza tra figure professionali più senior e junior. La strategia adottata nel passato e di maggior successo è quella relativa al prestito di competenze – tra le quali investire nella cosiddetta “gig economy” per individuare le competenze più richieste (39% contro un 30% globale). Il freno più temuto nei confronti delle strategie di trasformazione aziendale è rappresentato dal turn over accelerato (39% contro il 30% mondiale), mentre la preoccupazione maggiore a livello globale è rappresentata da stanchezza e esaurimento della forza lavoro (33% contro 24% italiano).
Le barriere più sentite per strategie di upskilling/reskilling sono, per gli HR italiani, non essere in grado di identificare le risorse che potrebbero meglio accogliere formazioni di questo tipo, avendo il potenziale per sviluppare nuove competenze (42% contro il 32% globale). Al secondo posto l’incapacità stessa di capire di che tipo di competenze si ha bisogno (37% contro il 32% globale). A livello globale invece non si ha tanto il timore di non essere in grado di identificare o formare le persone giuste ma di perderle una volta formate su competenze molto ricercate e l’incapacità di tenere il passo con l’accelerazione della richiesta di nuove competenze (36%).
I risultati attesi delle strategie di lavoro agile già adottati sono la possibilità di assumere o trasferire risorse velocemente (44%), in base ai bisogni, e la maggiore capacità di prendere decisioni velocemente (41%), mentre a livello globale è la maggiore produttività a generare maggiori aspettative (44% versus 31% italiano). La strategia adottata nel passato e di maggior successo è quella relativa al prestito di competenze – dunque investire nella cosiddetta “gig economy” per individuare le competenze più richieste (39% contro un 30% globale). A livello globale, invece, si ritiene che il maggiore beneficio sia stato essere in grado di mirare in modo più efficace e chiaro ai bisogni formativi per preparare le persone a svolgere mansioni che colmino skill gap (carenze di competenze) nell’attuale workforce (42%).
Il settore retail
Le prime cinque priorità in ambito risorse umane per il settore specifico del retail sono: migliorare l'esperienza dei dipendenti sui punti chiave della fidelizzazione, far evolvere la cultura del lavoro flessibile, mettere la sostenibilità e l'esg al centro del programma di trasformazione, sviluppare il processo decisionale incentrato sulla persona e affrontare tutti divari di equità, come quelli di retribuzione e genere.
Quali sono, d'altro canto, i motivi principali per cui i dipendenti del comparto retail affermano di rimanere nella loro azienda? Al primo posto la sicurezza del lavoro, seguita dalla politica di lavoro flessibile, dalla competitività di retribuzioni e ricompense, dalla loro equità, nonché dal marchio e dalla reputazione dell'organizzazione.