I surgelati sono tra le categorie che hanno tratto vantaggio dagli sconvolgimenti dell'emergenza sanitaria. Strutturalmente la tendenza nelle vendite dal 1985 è sempre stata in attivo, o al peggio stabile, come nel periodo 2012-2014. “Durante la pandemia i consumatori sono entrati in relazione in maniera più ampia con la categoria– sottolinea Salvo Garipoli, direttore di SGMarketing – che di conseguenza penetra sempre più il mercato esprimendo maggiori volumi. Il motivo è che risponde al bisogno di rassicurazione sul fronte del benessere e degli aspetti di gourmandise, e offre un livello di servizio tale da soddisfare anche le richieste di praticità, stoccaggio, riduzione degli sprechi. Quest’ultimi connotati essenziali a presidio del tema della sostenibilità. Le aspettative del consumatore, assecondate dall’industria, avvicinano sempre di più il mondo frozen a quello dei freschi e freschissimi: prodotti locali, filiera certificata, made in Italy, Dop e Igp”. L’industria di marca si è buttata nella mischia, con proposte fuori dagli schemi, come il sushi surgelato o materie prime per le quali si suggeriscono più ricette per dare versatilità e ispirazione. La categoria per definizione può permettersi di spingere sul prezzo, perché a differenza del fresco non subisce le oscillazioni legate alla stagionalità. Il futuro si gioca sul valore del prodotto, tra materie prime certificate e valore aggiunto nella ricercatezza o nelle preparazioni.
I dati Bva Doxa inquadrano il peso della marca privata sugli scaffali frozen: un presidio di fatto paritario, anche se le quote variano molto da una insegna all’altra, e per i discount per definizione molto focalizzati sui propri brand. 127 è il numero medio di referenze con alcune categorie che si distinguono per la peculiare dinamicità: l’ittico naturale +3,7%, quello preparato e panato +4,4%. “Il dato offre due spunti di riflessione – prosegue Garipoli – da un lato, quanto il prodotto surgelato sia in grado di ammiccare al fresco, con il vantaggio di eliminare tutte le complessità di gestione a punto di vendita e a casa. Dall’altro lato, restituisce l’immagine di categoria ampia e profonda, con prodotti diversi per funzione e occasione di consumo, dalla verdura o pesce come materia prima ai piatti pronti, etnici, alle proposte edonistiche come pizze e torte. Lo scaffale dunque è ricco, ma rischia di diventare difficile da leggere per i consumatori. Si potrebbe fare molto se si superasse la scelta espositiva razionale ma ‘fredda’ per categorie e poi per marche”. Qualche esempio: proporre in abbinamento un secondo e un contorno, avvicinando nella vasca verdure e carni o pesci; creare vasche focalizzate su una proposta di pasto abbinando fresco e frozen, con la ricetta, e prodotti a diversi livelli di servizio, dalle materie prime da comporre fino al piatto pronto per il microonde. Lavorare sulle modalità di consumo e sull’ispirazione per la cucina, come già fa l’industria di marca. Il bisogno di far vedere i prodotti sarà sempre più pressante, perché lo spazio espositivo cresce: se la media del frozen è di 26 metri lineari, Esselunga ne ha 40 e Coop Italia 30.
FROZEN L'ASSORTIMENTO
- 127 referenze medie (iper, super)
- 37,5 referenze medie vegetali naturali e frutta
- 18 referenze pesce al naturale
- 12 referenze pesce preparato e panato
- 13,3 referenze pizza
FROZEN A VALORE (dati Nielsen)
- 3,113 miliardi €
Di cui - 26% vegetali naturali e frutta
- 22,3% ittico
- 12,7% pizza
- 11% pesce preparato e panato
- <10% piatti pronti e altre categorie