Il tema della privacy degli utenti sulla rete ha guadagnato rapidamente rilevanza nell’opinione pubblica, anche alimentato da situazioni politiche, economiche e sociali in cui l’utilizzo dei dati personali hanno dimostrato il loro dirompente potere. La rete è quindi attraversata da un movimento trasversale che vuole capire come preservare meglio la privacy e proteggere l’utente. Questo cambiamento sta raggiungendo un po’ tutti gli ambiti e tra questi il mondo della pubblicità digitale. In particolare l’annuncio da parte di Google dell’abbandono del supporto dei cookie di terze parti a partire dal 2022 attraverso il browser Chrome.
Finisce un’era
Come risaputo i cookies sono dei token digitali, dei “gettoni” contenenti codici identificativi, che i server lasciano nei client che li interrogano (i browser degli utenti) e che possono essere interrogati alla necessità. Questi contengono alcune informazioni e sono utilizzati su internet per tracciare il comportamento dell’utente in termini di siti visitati e altri tipi di preferenze. Mentre i cookie generati da un server (da un sito) possono sempre essere letti dal server stesso in totale autonomia (a meno di impostarne il blocco ma perdendo diverse facilities), non è un automatismo prevedere la cessione dell’utilizzo degli stessi a server che non li hanno creati, server terzi. In altre parole tra domini differenti. Il sistema di cessione dei cookie, quindi l’utilizzo di cookie di terze parti, è molto efficace per la pubblicità in quanto è possibile conoscere le preferenze di un utente in base alla propria attività web (per esempio quali contenuti legge) e “cedere” queste conoscenze per usi commerciali a soggetti terzi che possono raggiungere il client monitorato (quindi l’utente) con annunci ad hoc. L’utilizzo dei cookie di terze parti da sempre ha innescato dubbi sulla preservazione della privacy dell’utente, ma il fatto che lo scambio non trasferisce nessun elemento circa l’identità del navigatore (dati personali o sensibili) ma solo elementi di preferenze, ha fatto si che questa pratica si radicasse e sviluppasse per oltre 25 anni.
L’utente, da tempo, ha comunque la possibilità di evitare il tracciamento, rifiutando i cookies stessi di terze parti durante la navigazione. Anzi, browser come Safari di Apple già dal 2017 e nel 2018 in modo più robusto da Firefox, introdussero sistemi di protezione dal tracciamento. A questi browser si aggiunse Edge di Microsoft nel 2019. Tuttavia occorre ricordare che il mercato dei browser è decisamente polarizzato su Chrome di Google che da solo sfiora il 70%. Ed è proprio la notizia di Google di abbandonare i cookies di terze parti che apre le porte a un cambio di paradigma
C’è vita oltre i cookie?
La fine dei cookie di terze parti determina la necessità di riassettare tutto il mondo della pubblicità digitale con importanti ripercussioni su attività come la programmatic. Del tema se ne è discusso durante l’ultima edizione dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano. Il tema principale è individuare quali dati cookieless siano disponibili e utilizzabili per realizzare una comunicazione mirata. I ricercatori del Politecnico di Milano hanno individuato almeno tre ambiti di sviluppo che esulano dalle dinamiche comportamentali che determinano la tracciatura e l’individuazione delle preferenze.
In particolare si parla di cookieless signal, di tutti quei dati che possono essere utilizzati senza fare riferimento ai cookie di terze parti. Un primo ambito individuato comprende i dati di Crm, in particolare l’indirizzo email, che stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante nella filiera pubblicitaria. Il processo di raccolta del dato deve essere migliorato e raffinato e determina il patrimonio aziendale relativamente ai clienti. L’indirizzo email è importante perché è indipendente dalla piattaforma, è persistente nel tempo ed è concesso con consenso in ottemperanza al Gdpr. La strategia di Crm deve prevedere una catalogazione olistica della customer base con una logica continua di aggiornamento e pulizia del dato. Più in profondità, le Customer Data Platfom permettono di attivare direttamente gli indirizzi email all’interno di alcune piattaforma social, oppure permettono attraverso sistemi di onboarding di trasporre indirizzi email a dei segnali cookieless. Il secondo ambito è quello dei dati Maid, ovvero l’indicatore che viene fornito dal sistema operativo del dispositivo mobile. Questo è usato per tracciare e identificare l’utente. Funzione in modo simile ai cookie e fornisce i dati sull’utilizzo delle app. Ad oggi non esiste una regolamentazione sul Maid ma può essere visto come un sistema di violazione della privacy dell’utente. Per questo la stessa Apple renderà opzionale il monitoraggio attraverso il consenso: dopo ogni scaricamento dell’app, l’utente sarà chiamato a dare il consenso al tracciamento con un forte impatto su tutto il mondo della misurazione. Infine vi è il mondo dell’Universal Id che si riferisce a un identificatore dell’utente nato prima dell’utilizzo dei cookie sync di terze parti. Alcuni si basano su un modello deterministico che fa riferimento all’indirizzo email dell’utente, altri a un modello probabilistico che si basa sugli indirizzi Ip. Tuttavia questi sistemi che in definitiva si basano prevalentemente sull’indirizzo email, non sono interoperabili e difficilmente popolabili se non con la cessione di elementi di valore all’utente.
Contestual advertising
Valutate le possibilità disponibili, si può concludere che non sarà facile compensare la mancanza dei cockie di terze parti. Secondo i ricercatori del Politecnico, una possibilità è quella del contestual advertising, inserzioni pubblicitarie in pagine che siano aderenti al contenuto della pagine stessa. In questo caso non si traccia alcun utente e si punta a una convergenza di interesse: se l’utente guarda un certo tipo di contenuto sarà interessato a qualcosa di inerente. Un modello vecchio di 20 anni ma aggiornato dalle moderne tecnologie come il linguaggio naturale dentro una frase, l’entity analisys, sentiment analisys, la rilevanza di ogni frase. Il tutto gestito da algoritmi di machine learning. Basterà?