Nelle prime due settimane di novembre le politiche restrittive impattano fortemente sulle performance del comparto retail-ristorazione e non food. Nel primo si accentuano le criticità già emerse da tempo, con andamento fortemente negativo nelle vendite e una flessione media del -46,7% rispetto al periodo corrispondente del 2019. Più o meno paragonabile è lo sprofondo dell'abbigliamento e accessori (-48%), mentre il non food limita i danni con un calo delle vendite pari solo al -19,3%. Sono alcuni dei principali dati registrati dall’Osservatorio permanente Confimprese-EY.
Le rilevazioni nei centri commerciali evidenziano un calo degli ingressi rispettivamente del 51% nella prima settimana di novembre con ulteriore aggravamento a -60% nella seconda, un dato che fa presagire un fine mese ancor più negativo.
"Le vendite dei settori retail non-food e ristorazione –commenta Paolo Lobetti Bodoni, business consulting leader Italy EY– hanno dimostrato di essere fortemente legate alle misure di limitazione dell’apertura dei punti di vendita, mentre il consumatore ha dimostrato che, dove possibile, vuole ritornare a spendere e ad avere una vita sociale. Per il mese di novembre prevediamo cali differenziati a seconda del tempismo delle regioni nell’adottare le misure restrittive alle varie attività commerciali. Per fare un esempio, già ad ottobre si registrano 20 punti di differenza nella ristorazione tra il canale peggiore, high street -39%, e il migliore, outlet -19%".
Per quanto riguarda ottobre, gli andamenti delle vendite presentano flessioni ampiamente prevista (-24,7%), rispetto ai dati letti ad agosto e settembre. Il dato progressivo si attesta a -33,5%, che sale al 41% considerando gli 8 mesi marzo-ottobre. La situazione è in decisivo peggioramento per effetto delle restrizioni adottate in ottobre con le chiusure dei centri commerciali nei week-end.
Nel mese di ottobre perde terreno la ristorazione (-27,2%) con 11 punti rispetto a settembre, anche se il settore che ha arretrato maggiormente è l’abbigliamento con -26,5% (-12,9 punti in settembre), mentre altro non food è 15 punti percentuali migliore (-12,2%).
Analoga situazione si riflette nell’analisi delle Pta (Primary trade area). Le high street (-31,3%) mantengono l’andamento peggiore già registrato nei mesi precedenti, testimonianza delle mutate attitudini dei consumatori, che privilegiano la vita di quartiere anche a causa della scarsa mobilità.
Notevoli cali anche nei centri commerciali (-26,5%), negli outlet (-16,3%), mentre i negozi che resistono di più si trovano nelle altre località (-20,8%).
"Il mese di ottobre gela la lenta ripresa dei consumi –spiega Mario Maiocchi, direttore Centro Studi Confimprese–. L’introduzione di misure restrittive nelle grandi superfici di alcune regioni e nella ristorazione, insieme a un clima di preoccupazione per il rinvigorire dei contagi e alla confusione generata nei consumatori da un susseguirsi di regole e limitazioni in continuo cambiamento e sovrapposizione nazionale, regionale e comunale, hanno contribuito a questa brusca inversione di trend. Il timore è che si possa prospettare ancora per i prossimi mesi un’alternanza di periodi simili al primo lockdown (-77,9%) e al post lockdown (-21,4%) con le pesanti conseguenze che si possono immaginare sulla tenuta del settore".