I dazi Usa si abbattono sul Made in Italy con un’imposizione del 25%. Dopo aver ricevuto il parere favorevole dell’Arbitrato WTO, l’Office of the United States Trade Representative (USTR) ha pubblicato la lista finale dei prodotti che saranno soggetti a dazi aggiuntivi pari al 25% del loro valore, da aggiungere alle tariffe attuali. Prosciutti (cotti), Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino romano, Provolone Asiago, Gorgonzola, Mozzarella e altri prodotti subiranno un danno da questa ritorsione commerciale. Per l’agroalimentare – che in America esporta per 4,2 miliardi di euro – Federalimentare stima un potenziale di mancato export 550-600 milioni. Si tratta di un conto salato per i nostri produttori, che rischiano di andare fuori mercato negli Usa penalizzando il nostro export. La misura entrerà in vigore a partire dal 18 ottobre.
I formaggi
Ad essere colpiti sono soprattutto i formaggi, il cui export attualmente è di circa 10.400 tonnellate l’anno. Che cosa cambia per il Parmigiano Reggiano, per il quale gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato export con ben 10 mila tonnellate di prodotto? Il prezzo negli Usa si attesta attorno ai 40 dollari al chilo. "Il dazio passerà dagli attuali 2,15 dollari al chilo a circa 6 dollari al chilo", spiega il Consorzio del formaggio. Ciò significa se oggi per il consumatore americano il costo a scaffale del Parmigiano Reggiano è di circa 40 dollari al chilo, dal 18 ottobre sarà ben oltre i 45 dollari al chilo. “Difficile, al momento, prevedere quali saranno gli effetti immediati delle tariffe.”
“Abbiamo investito molto nel mercato Usa, che oggi, con un valore che sfiora i 300 milioni di euro, rappresenta la quarta destinazione dei nostri formaggi –commenta il presidente di Assolatte, Giuseppe Ambrosi. Ora serve uno sforzo congiunto delle istituzioni italiane e comunitarie per non vanificare gli investimenti e il lavoro fatto da imprenditori in questi anni.”
Liquori e sciroppi
E se il vino italiano è salvo, i liquori e il cordial del Belpaese sono stati colpiti pesantemente. “Il mercato americano rappresenta un mercato in grande espansione per i nostri spiriti -ha dichiarato Sandro Boscaini, presidente di Federvini-. Basti pensare che tra il 2017 e il 2018 l’export in Usa è cresciuto di circa il 45%. Un mercato che ogni anno dimostra di apprezzare sempre di più i nostri prodotti, fatti di cultura, storia e tradizione”. Secondo Federvini, i dazi freneranno in maniera netta tutto il settore, oggi sempre più votato ai mercati esteri.
“L’esclusione del vino italiano dalla lista dei prodotti che saranno colpiti dai dazi, ci fa tirare un primo sospiro di sollievo e per questo il nostro ringraziamento va al Premier Giuseppe Conte e alla Diplomazia italiana, oltre agli sforzi della Commissione UE –ha commentato Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini-. Gli Usa sono infatti un mercato fondamentale: si posizionano al primo posto nella graduatoria dei Paesi consumatori di vino con una domanda complessiva che è cresciuta negli ultimi 5 anni in valore di oltre il 30%, così come il quantitativo di vino esportato dal nostro Paese. Anche se per ora il pericolo è scampato, è però necessario mantenere alta l’attenzione e continuare un dialogo con gli USA, per evitare che la lista venga rivista e ampliata, considerato che secondo quanto comunicato dall’amministrazione americana, gli USA hanno l'autorità per aumentare le tariffe in qualsiasi momento o modificare i prodotti interessati”.
I prodotti più colpiti per l’Italia –sottolinea la Coldiretti- sono il Parmigiano Reggiano ed il Grana Padano con un valore delle esportazioni di 150 milioni di euro nel 2018 in aumento del 26% nel primo semestre di quest’anno ma anche il pecorino con un valore di 65 milioni di euro in crescita del 29%, il provolone ed i prosciutti. Le tariffe doganali per il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano di fatto triplicano passando dal 15% al 40% sul valore del prodotto. Significativa – continua la Coldiretti - l’assenza del vino che è il prodotto Made in Italy più esportato in Usa. “Ora è necessario aprire la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte" ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza che “vengano attivate al più presto forme di sostegno ai settori più duramente colpiti e non coinvolti nel settore aerospaziale al centro della disputa sugli aiuti a Airbus e Boeing che ha originato la guerra commerciale”.