Il centro commerciale verso nuovi business model

Chiusure domenicali, eCommerce, contrazioni dei consumi. Definiamo la situazione aiutati da un punto di osservazione di primo piano come quello di Duff & Phelps Italia (da Mark Up n. 276)

Lo spettro di azione di Duff & Phels è molto ampio e per questo motivo può contare su una visione trasversale delle diverse industry utile a comprendere i macro fenomeni. Di proprietà del fondo di private equity britannico Permira, nella primavera del 2018 Duff & Phel ha acquisito la società Kroll, player nelle investigazioni complesse e nella cybersicurezza. Mark Up ha incontrato Savino Natalicchio, director di Reag (Real Estate Advisory Group) e di tutte le special division quali hospitality, retail, energy e, storicamente, della retail shopping center all’interno di Duff & Phelps Italia. Già presente nelle pagine di Mark Up in diverse occasioni, con l’inizio dell’anno porta un punto di vista autorevole sui cambiamenti e processi evolutivi in atto nel settore dei centri commerciali.

Dott. Natalicchio, l’attuale governo è intenzionato a procedere con le chiusure domenicali. Qual è il suo punto di vista?

Partiamo da dati oggettivi, in particolare da quelli diramati nell’Annual Meeting del Cncc tenutosi a fine ottobre 2018, derivanti dagli studi dalla Commissione Ricerca preposta. Lo studio sulle aperture domenicali definisce un benchmark che raffronta le performance ante decreto Salva Italia del governo Monti e post entrata in vigore, in una situazione di regime assestato. Nella dinamica dei fatturati dei centri commerciali la domenica ha un peso notevole ed è il secondo giorno più importante, lievemente alle spalle del sabato.

Quantifichiamo in termini di business.

Occorre premettere che, prima dell’entrata in vigore del Salva Italia, già alcuni centri commerciali usufruivano di un regime di apertura festiva e domenicale. Al di là di questo, lo studio evidenzia che, nei casi più rilevanti, la giornata della domenica vale fino al 20% del fatturato del centro commerciale. Evidentemente siamo in presenza di una domanda, quella accolta nel giorno domenicale, che non si distribuisce nei rimanenti giorni della settimana in caso di chiusura. Una prima considerazione che si può fare è legata alla sostenibilità del business. Prendiamo come esempio un soggetto come una property company o affine, che abbia messo a punto un progetto di ampliamento o di sviluppo che preveda un business plan che parta dalla situazione ante chiusure. Nel momento in cui una decisione politica impatta così fortemente sul giro di affari, è evidente che qualche riflessione diventa obbligatoria. Anche perché lo studio del Cncc indica 40.000 posti di lavoro a rischio con le chiusure domenicali.

Quindi un impatto da valutare anche a livello strategico?

Senza dubbio. Prendiamo per esempio quei centri commerciali che hanno effettuato importanti investimenti nel merchandise mix soprattutto sul versante leisure e food court. Il feedback che abbiamo raccolto da questi soggetti è di forte preoccupazione in quanto si tratta di investimenti che, con le chiusure domenicali, perdono la loro connotazione strategica. Si puntava e si punta a cambiare il posizionamento del centro intercettando la domanda legata al tempo libero. Ma con le chiusure domenicali si rimette tutto in discussione. Su questo passaggio è necessario porre molta attenzione. La digital disruption sta aggredendo fortemente l’industria dei centri commerciali con ripercussioni importanti sulla forza lavoro impiegata. Una delle risposte è proprio la connotazione leisure e tempo libero che, se minata alla base, può davvero indurre effetti pericolosi.

Un’altra minaccia sembra provenire dal’eCommerce. In che misura?

Anche in questo caso è utile rifarsi a degli studi per dare risposte plausibili. Una recente ricerca di Cbre mette in evidenza come il Italia la quota eCommerce sugli acquisti vale il 3%, circa un sesto di quanto incide in Uk sul totale retail. Il nostro tasso di crescita dell’eCommerce è a doppia cifra ma non credo raggiungerà i livelli dei Paesi nord europei perché il consumatore italiano ha abitudini differenti. Dal mio punto di vista sono le chiusure domenicali la minaccia attuale più importante per i centri commerciali.

L’eCommerce è uno dei tanti canali di vendita. Siamo sicuri che il centro commerciali non lo possa inglobare in modo profittevole?

Diventa molto difficile computare la quota di vendita online dei tenant che operano all’interno dei centri commerciali. Una difficoltà che cresce ancora di più in situazioni molto “dense”, in cui nella stessa area vi sono diversi punti di vendita. E contestualmente non vi sono spazi utili per normare a livello legale la questione. Probabilmente, a parere di molti gestori e operatori, una direzione da prendere è quella di compartecipazione tra proprietà e tenant nelle azioni attrattive di footfall qualitativo. Tuttavia, anche questa metrica presenta delle criticità in quanto non è detto che i visitatori di un centro commerciale generino business per i tenant. Se il gestore, per esempio, è in grado attraverso strategie di marketing di incrementare il numero di visitatori, non è automatico che ciò incrementi le vendite.

Se è impossibile verificare la quota del fatturato online generato dal punto di vendita, è possibile richiedere il dato a livello contrattuale.

Se il flusso di canone in atto è un mgr più una quota variabile sul fatturato e sappiamo che più è forte il conduttore più la quota variabile sul fatturato diventa importante, è evidente che, se per paradosso, si azzera la quota di fatturato per cui un punto di vendita diventa solo uno show room o un pickup point, i parametri valutativi complessivi perdono di significato. Con un effort rate non più certo e veritiero, cambiano tutti i paradigmi.

E allora cosa si può immaginare per compensare l’eventuale indebolimento dell’effort rate?

Probabilmente occorre ragionare su un indicatore combinato: aumento del footfall insieme al tempo di permanenza medio nel centro.

In questo caso la tecnologia aiuterà molto la valutazione delle performance soprattutto con il 5G. Corretto?

In termini di valutazione del centro commerciale, il punto di partenza è sempre il flusso di ricavi che la proprietà comunica. Lo stock dei centri commerciali in Italia è datato e di piccole dimensioni, spesso trainato ancora dall’ancora alimentare. In questo contesto difficilmente cambierà la metrica. Però nei centri più moderni e grandi, la tecnologia consentirà di mettere in atto misurazioni più evolute.

Oltre al leisure, quali altri business model possiamo ipotizzare?

Abbiamo già delle esperienze all’estero in cui il centro commerciale diventa uno strumento di marketing importante dove format come i pop-up store e temporary store hanno un ruolo cardine. In Germania, l’aspetto media ed entertainment ha un ruolo. Il centro commerciale come luogo in grado di attrarre grandi volumi di visitatori può essere una piattaforma di test molto valida per il lancio di nuovi prodotti e servizi.

Supponendo che le chiusure domenicali non passino, come vede le prospettive del settore nel 2019?

Le prospettive dell’industria dei centri commerciali in Italia dipendono dalla evoluzione della situazione economica del Paese. Come valutatori siamo in attesa e in attenta osservazione.

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