I numeri sono rilevanti: il comparto agroalimentare italiano è composto da 8.300 aziende per un fatturato aggregato di 125 miliardi di euro con un bacino di impiego composto di 340.000 addetti. Nel lustro 2012-2016 la crescita del fatturato è stata del 22% con i comparti dei prodotti dietetici (+56%), tè e del caffè (+35%) e conserve (+41%) in testa alla classifica. Questa è la fotografia che l’Osservatorio Deloitte per il settore agroalimentare ha presentato a inizio 2018. La crescita auspicata nei prossimi tre anni di 15 miliardi è raggiungibile se legata al cambio di alcuni paradigmi legati all’innovazione come espresso in una recente pubblicazione Deloitte presentata al Parlamento Europeo. In sintesi, per raggiungere il risultato è necessario agire sull’attenzione al consumatore (equivale a + 22%-25%); incrementare la sinergia tra gli operatori (+36% di fatturato); incrementare e migliorare la comunicazione dei valori e raggiungere nuovi mercati (si traduce in + 40% di fatturato).
Dettaglio per settore della crescita di fatturato e di Ebitda
Fonte: Deloitte
Paradigmi e innovazione
Sono tutti d’accordo nell’affermare che l’innovazione produce crescita. Occorre però valutare la direzione che si prende. Se l’innovazione è solo efficientamento di processo ma in un modello sbagliato (come avviene ora), il risultato è solo un aumento di velocità nella direzione sbagliata. Se l’innovazione cambia i modelli con al centro la sostenibilità, allora può essere la salvezza.
Secondo Carlo Petrini fondatore dell’associazione Slow Food, vi sono tre tendenze da modificare correlati al settore alimentare, il cui impatto è fonte di minaccia per il futuro. La prima è la modalità con cui si produce food. Il sistema agroalimentare incide fortemente sul degrado ambientale emettendo nell’atmosfera il doppio di Co2 di quanto ne emetta l’intero settore trasporti. La seconda tendenza è nella concentrazione nelle mani di pochissimi soggetti tutti il sistema produttivo agroalimentare mondiale. La terza tendenza vede la distribuzione concentrarsi eccessivamente nel settore finanziario. Queste tre tendenze producono una disconnessione tra cibo e territorio e una commodizzazione che determina una perdita di valore mai vista prima. Secondo Petrini, il consumatore sta però evolvendo e si contrappone a questa deriva con condotte che spingono nella direzione contraria: pretende sempre più informazioni, si convince sempre più che vi sia una correlazione tra alimentazione e salute. Infine le giovani generazioni, i millennials, dimostrano una sensibilità particolarmente spiccata per la preservazione ambientale.
Industria e distribuzione oggi
Se le considerazioni di Carlo Petrini sono “di sistema”, appaiono molto puntuali e centrate quelle della distribuzione che possono anche essere interpretate come suggestioni provocatorie per spingere il ragionamento. Secondo Mario Gasbarrino, ad di Unes, la distribuzione oggi è entrata in un fase di cambiamento mai vista prima e dovrebbe preoccuparsi di guidarla. Il tasso di innovazione del canale moderno, secondo Gasbarrino è stato alquanto ridotto fermandosi sostanzialmente all’introduzione del codice a barre. Successivamente si è assistito ad aggiustamenti progressivi al netto del terremoto indotto dall’arrivo, ormai ultra ventennale, del discount.
Non meno ficcante l’opinione di Francesco Pugliese, ad e dg di Conad ma con un passato importante nell’industria, secondo il quale i fenomeni dell’italian sounding sono essenzialmente legati all’incapacità produttiva dell’industria italiane di soddisfare le richieste di tutti i mercati. Con l’avvertimento che, se non arriva l’industria italiana, arrivano gli altri che diventano sempre più bravi ed erodono lo svantaggio. Gli spunto di riflessione non mancano.