I dati Istat sul commercio al dettaglio relativi a dicembre 2016 registrano un calo (-0,2%) rispetto a dicembre 2015 nelle vendite a valore, con alimentare a +0,2% e non food a -0,4%. Nell'intero 2016 Istat evidenzia un incremento di 10 bp (+0,1%) a valore e un calo di 30 bp (-0,3%).
"Il dato di dicembre 2015 conferma le nostre previsioni degli ultimi mesi –dichiara Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione- dopo un anno, il 2015, di lieve ripresa delle vendite (+0,7% a valore). Il 2016 evidenzia una dinamica assolutamente piatta. Un fatto molto negativo, perché si associa a un incremento del potere d’acquisto delle famiglie che si è tradotto in risparmio e in liquidità anziché in acquisti capaci di riattivare un circolo virtuoso di maggiore produzione e occupazione".
"I numeri di dicembre -prosegue Cobolli Gigli- particolarmente negativi per i prodotti non alimentari, ci dicono che neanche in occasione del Natale si è trovato lo stimolo necessario per tornare a destinare in consumi parte del risparmio accumulato".
"Dal 2010, secondo Istat, abbiamo perso il 10,1% dei volumi di vendite al dettaglio e il 4,8% a valore. Un trend dovuto, oltre che alle difficoltà concrete delle famiglie in questi lunghi anni di crisi, anche a un senso generale di incertezza e preoccupazione per il futuro, che ha frenato i consumi. Un aspetto immateriale importante tanto quanto quello più reale”.
Secondo Cobolli Gigli (ma non è il solo a pensarla così), per avviare un'economia sul percorso di ripresa bisogna stimolare la crescita dei consumi. I quali, però, non possono crescere, senza ridare alle famiglie migliori aspettative (lavoro fisso e più reddito) e "senza puntare su un cambiamento strutturale del Paese, attraverso il completamento del programma di riforme avviato, profondi interventi di semplificazioni e introduzione di maggiore concorrenza nei mercati, superando le anacronistiche resistenze che sempre più si manifestano".
Dal 2010, secondo Istat, le vendite al dettaglio sono diminuite del 10,1% in volume e del 4,8% a valore. "Un trend dovuto -commenta Giovanni Cobolli Gigli- oltre che alle difficoltà concrete delle famiglie, anche all'incertezza per il futuro, che ha frenato i consumi".