Lo abbiamo già detto e l'ha confermato anche l'ultimo report di Ipsos per l'Italia: in uno scenario globale incerto, difficile e sempre più complesso, i consumatori chiedono alle marche di assumere un nuovo ruolo sociale. Pena: la mancanza di rilevanza, che porta alla disattenzione, cui seguono a loro volta un probabile oblio e scomparsa dal mercato.
Alcuni brand come Dove hanno da sempre investito in un marketing capace di instaurare un legame profondo con la propria audience, impegnandosi per rappresentarla con autenticità e spronandola talora all'empowerment. Così facendo, Dove si è costruito un'identità forte e stabile nel lungo termine, basata sul riferimento a valori significativi.
Non stupisce, dunque, che a fronte di un contesto politico infiammato, nel quale questi stessi valori vengono messi al centro di una discussione altamente polarizzante, alcuni marchi decidano di prendere posizione. Per quanto esporsi politicamente oltre che socialmente rappresenti un rischio, infatti, il silenzio in determinate occasioni tende a risultare molto più assordante, soprattutto per quei big brand che fanno della comunicazione innovativa un cavallo di battaglia.
Il caso più significativo all'ordine del giorno è l'uragano di attualità Donald Trump, con tutti i tumulti associati. Il video America es Grande firmato da birra Corona, che risponde al protezionismo "a sfondo secessionista" del neo presidente celebrando l'unità del Paese inteso come continente, è solo uno degli eccellenti esempi in tal senso.
https://www.youtube.com/watch?v=SuLEu-nwd50
Nel Regno Unito, Dove ha preso in giro Trump con una campagna stampa che associa i propri prodotti per la cura del corpo a palesi bugie ed assurdità. Del tipo: "Il nuovo anti-traspirante Dove migliorerà il tuo segnale wifi", il tutto accompagnato dall'hashtag #AlternativeFacts. Il riferimento ironico è all'affermazione del consulente senior di Trump, Kellyanne Conway, che per giustificare una "gaffe" dell'addetto stampa della Casa Bianca, Sean Spicer, ha definito le sue parole "un fornire fatti alternativi".
Ancor più recenti le risposte attivate da Airbnb, Google e Starbucks dopo i provvedimenti appena annunciati da Donald Trump che bandiscono dagli Stati Uniti i migranti da sette Paesi islamici e l'ingresso ai rifugiati. La catena di caffetterie ha reso noto che alla luce di tali novità nei prossimi 5 anni assumerà 10.000 rifugiati in tutto il mondo. Google ha dato vita a un fondo ad hoc, partito da 2 milioni di dollari, da destinare a organizzazioni a supporto della crisi migranti. Aibnb, infine, ha comunicato che metterà a disposizione gratuitamente delle stanze per coloro che verranno colpiti dal bando del nuovo presidente.
Airbnb is providing free housing to refugees and anyone not allowed in the US. Stayed tuned for more, contact me if urgent need for housing
— Brian Chesky (@bchesky) January 29, 2017