Alibaba, un ponte per la Cina

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Ha l’obiettivo di aiutare i brand italiani a raggiungere i consumatori cinesi. Un marketplace che mette in contatto venditore e acquirente (da Mark Up n. 256)

Operativa a Milano dal 25 ottobre 2015, Alibaba Italia è la prima controllata di Alibaba Group aperta in un Paese europeo. Il marketplace cinese, fondato nel 1999 da Jack Ma, che
nel 2015 contava già 46.200 dipendenti, un giro d’affari pari a 485 miliardi di dollari e un utile di 15,69 miliardi di dollari, lavora con oltre 130 brand italiani proposti in Cina e nel Sud Est Asiatico. Per capire di più gli sviluppi italiani, ne parliamo con Christina Fontana, senior manager business development di Alibaba Italia.

Cosa è Alibaba?
Un marketplace, ovvero la piattaforma tecnologica che permette a chi ha qualcosa da vendere di entrare in contatto con chi vuole acquistare, ovunque nel mondo. Il business model è sempre lo stesso, in tutti i mercati dove siamo presenti, ed è declinato in b2b e b2c, suddivisi tra vendita a livello mondiale, con Alibaba.com e Tmall Global, e vendita solo in Cina, con 1688 e TMall. Crediamo in questo modello nel quale il brand, o il venditore, controlla il proprio eCommerce e ha il contatto diretto con chi acquista.

Perché vi interessa l’Italia?
Il nostro primo obiettivo è aiutare i brand italiani, le eccellenze, a raggiungere il
consumatore cinese e del Sud Est Asiatico, attraverso Lazada, un altro marketplace acquisito di recente. L’ufficio di rappresentanza di Milano serve per sostenere le società dell’ecosistema Alibaba ed entrare in contatto con i brand italiani. Alibaba è sempre stata una società China focused; l’internalizzazione, e questo è il terzo tentativo, ha anche lo scopo di aiutare Alibaba a comprendere tutto ciò che c’è al di fuori della Cina.

Come?
Alibaba sta facendo un grandissimo sforzo di globalizzazione anche dal punto di vista culturale. Per esempio, con il programma Agla, Alibaba Global Leadership Academy, portiamo giovani ad alto potenziale per 12 mesi in Cina con stage pagati che lavorano, a rotazione su tutte le business unit, per poi tornare nelle sedi Alibaba del proprio Paese d’origine. Siamo partiti quest’anno e tra i selezionati c’era anche un ragazzo italiano.

Pensate di vendere prodotti in Italia?
L’unica piattaforma di Alibaba abilitata a vendere in Europa è AliExpress, ma propone solo brand cinesi. Per il momento non ci sono piani per andare oltre.

Come vedete il rapporto con il negozio fisico?
Per Alibaba l’integrazione tra online e offline non è il futuro, esiste già e la chiediamo in partenza alle aziende che intendono accedere alla piattaforma. Tuttavia, siamo convinti che per quanto l’online sia importante e abbia ampi margini di crescita, non arriverà mai a coprire la maggior parte degli acquisti, che proseguiranno offline. Stimiamo che la massima penetrazione dell’online nel corso della nostra vita raggiungerà una quota del 30%, o comunque non superiore al 50%. Attualmente in Italia siamo sul 2-3% del totale retail, in Cina l’online ha una quota del 5-6%, con variazioni anche rilevanti a seconda dell’area geografica, del settore e del brand. In Cina il margine di crescita è molto alto perché c’è ancora tanta popolazione non connessa, molto giovane, e si sta creando ricchezza anche fuori dai principali centri abitati, con 5.000 nuove città che a breve entreranno nella fascia media del consumo. Impossibile servirle tutte con una rete fisica di negozi.più vicino al consumatore. Analogamente, Alipay funziona grazie alla partnership con le banche. Anche per vendere su Tmall, per esempio, i brand si affidano a web agency da noi certificate per la gestione del loro store virtuale.

L’integrazione che proponete è demandata primariamente al software. Avete dei partner per mettere a punto tutto questo o fate tutto internamente?
I partner sono il nostro modello, sono loro che devono fare il business incrementale, tante piccole e medie imprese che prosperano grazie a questo ecosistema. Cainiao è la piattaforma di scambio dei dati collegati al pacco da consegnare, mentre la consegna fisica è demandata ai partner, oltre 10 mila società di corrieri in Cina. Quindi un unico magazzino fisico e digitale, per il singolo brand, e la merce che viene spedita dal pdv o magazzino più vicino al consumatore. Analogamente, Alipay funziona grazie alla partnership con le banche. Anche per vendere su Tmall, per esempio, i brand si affidano a web agency da noi certificate per la gestione del loro store virtuale.

Rispetto alle tecnologie emergenti, come vedete il futuro dell’eCommerce?
Si tratta di un mercato in continuo movimento. Anche Alibaba è in continua evoluzione: non ci manca niente, ma allo stesso tempo non siamo mai fermi. Sono in campo diverse iniziative per studiare il futuro, perché solo provando le tecnologie è possibile capire dove stanno andando: la virtual reality e la realtà aumentata per le vendite come nel caso di 11/11, il giorno dell’Alibaba’s Global Shopping Festival, la robotica, l’IoT e le automobili connesse con il sistema operativo di Alibaba YunOS, e il mobile, che rappresenta ormai l’80% degli acquisti su Alibaba.

A quali servizi accede il vostro utente?
Ciascun brand gestisce il proprio store online al 100%, tramite app specifica, sono i brand a offrire i servizi, nella logica del marketplace. Chi usa la app per acquistare accede a tecnologie e contenuti: tutto è personalizzato, non c’è una app uguale all’altra e il back end è la chat, non teniamo nemmeno traccia della email. Sappiamo che il nostro utente apre la app più volte al giorno non solo per acquistare, ma anche per svagarsi, quindi i contenuti e l’entertainment hanno un’importanza cruciale. Ma non solo: la nostra Alipictures, oltre a produrre video per la vendita, realizza anche video ad hoc delle nostre iniziative, come il live streaming del viaggio fatto con 10 vip cinesi in Italia per far loro conoscere i top brand italiani.

Alibaba, quindi, non è solo sinonimo di acquisti...
Esatto, Alibaba parte dall’idea di migliorare la vita delle persone in Cina: Alipicture produce e distribuisce film per il mercato cinese in accordo con diversi registi, come è avvenuto con Steven Spielberg; Alisport si occupa della distribuzione dei diritti sportivi; Rural Taobao si occupa dell’economia delle zone più periferiche in modo da permettere a tutti di vendere le proprie produzioni e di acquistare ciò che non si trova in loco. Stiamo lavorando anche ad altri progetti: ad esempio, migliorare l’accesso alla sanità attraverso l’analisi dei big data. Per noi è importante creare un ecosistema di piattaforme in grado di integrare tutto ciò che può facilitare il consumatore. Come Alipay, che conta 150 milioni di transazioni al giorno, è nata con il c2c per risolvere il problema del trust nei pagamenti, molto sentito in Cina. Con lo sviluppo l’eCommerce, ne sono nate altre come la piattaforma di marketing Alimama, per farsi conoscere alle persone a cui si desidera vendere; Cainiao (nella quale abbiamo una quota del 47%), specializzata in logistica che movimenta, ogni giorno, 42 milioni di pacchi; Alibaba Cloud per le soluzioni di cloud computing. Ma ce ne sono ancora molte e altre ne inventeremo.

Cosa significa fidelizzare la clientela?
La fidelizzazione è in mano ai brand, noi ci limitiamo a integrare online e offline. Alibaba però ha una sorta di club vip per gli utenti altospendenti: Apass (Alibaba Passport), accessibile su invito a chi spende più di 15 mila dollari l’anno online, intorno al quale sviluppiamo eventi mirati. Questo per noi è fidelizzare.

Sapete tutto del consumatore, a parte l’email... come usate i dati?
Ciascun brand è proprietario dei dati che riguardano il proprio business. Questo vuol dire che, per un brand, prima di entrare in Cina con una rete di pdv fisici, potrebbe essere una buona idea cominciare con l’online di Tmall per studiare le risposte del mercato e capire le differenze. Inoltre, è possibile acquistare numerosi pacchetti dati di scenario modulabili. Tutto serve per migliorare la vita dei nostri clienti e dei clienti dei nostri clienti.

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