Quando mi chiedono cosa immagino nel futuro dei consumatori (o più concretamente a quali sfide l’Unione nazionale Consumatori va preparandosi in vista del nuovo anno), istintivamente ritorno ai problemi irrisolti, quelli che nessuno sa -o vuole- affrontare nel nostro paese. L’esempio paradigmatico è forse quella “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” che attendiamo ancora a distanza di quasi due anni dalla sua approvazione nel Consiglio dei Ministri: è passato talmente tanto tempo che ormai dovrebbe esserne presentata una nuova! Evidentemente se una legge ha questi tempi possiamo dedurre che non è considerata una priorità, ma perché questo
stallo? I motivi sono tanti: in parlamento non mancano i conflitti di interesse e le lobby sanno farsi sentire.
Un problema di competenza
C’è anche un problema di competenza della classe politica. Mi spiego: troppo spesso si confonde la concorrenza con privatizzare e deregolamentare. Liberalizzare significa, invece, favorire l’ingresso di nuovi soggetti, rafforzare la trasparenza e l’informazione, realizzare perfetta mobilità dei fattori. E il primo fattore a dover essere mobile è il consumatore che, informato in modo trasparente, deve poter scegliere, lasciando chi vende a un prezzo maggiore e premiando l’impresa più efficiente,senza alcun onere e costo. L’opposto di quanto accade in Italia, dove ancora oggi per abbandonare una compagnia telefonica dobbiamo pagare un tot di “spese giustificate” (le vecchie penali abolite ai tempi del ministro Bersani che rientrano dalla finestra), dove gli ex monopolisti restano price makers, dove abbondano le pubblicità ingannevoli, i servizi non richiesti, le false offerte promozionali, dove la class action non è ancora praticabile, le Authority fanno il possibile, ma le sanzioni non fanno paura se messe a confronto con l’illecito guadagno. Per tutti questi motivi sarebbe auspicabile una maggiore spinta liberalizzatrice, pur senza dimenticare le regole, perché il mercato sa autoregolarsi solo in condizioni di competizione perfetta, altrimenti vige la legge del più forte. Ed ecco perché, a mio avviso, c’è un altro motivo per cui, tra gli auspici per il 2017, metto l’avvento di una seria legge sulla concorrenza: a giudicare dalle bozze che sono circolate, questo provvedimento dovrebbe intervenire anche su alcuni aspetti della società digitale. La mia speranza è che si possa accrescere la protezione del consumatore nel confronto tra old economy e piattaforme online: abbiamo assistito negli ultimi tempi all’inasprirsi della sfida vecchio e nuovo sia nel commercio sia nei servizi (si veda la resistenza che albergatori e tassisti oppongono alla sharing economy). Oggi l’innovazione corre veloce, e tutti noi siamo protagonisti di un mercato sempre più evanescente: per stipulare un nuovo contratto è sufficiente un clic, una spunta su una casella nel piccolo monitor di un device portatile. Questa rapidità semplifica in molti casi le esistenze dei consumatori, ma non tutti i fenomeni digitali sono facilmente intellegibili. Su questo terreno osservo la diffusione di un marketing della gamification (fenomeno dei nostri tempi al quale l’Unione Nazionale Consumatori ha recentemente dedicato il premio Vincenzo Dona) che intrattiene i consumatori spesso “rapinandoci” del nostro tempo e dei nostri dati: se è vero che è facile rintracciare nel ludico un paradigma primordiale, sta a noi trovare gli strumenti per contemperare questa pervasività. In un ecosistema in cui non c’è più confine tra gioco e consumo, farei attenzione a non lasciare spazio a chi intende prendersi gioco di noi.