Un approccio all’export recentemente messo sotto i riflettori, è considerare tutte le strategie correlate e i processi necessari in modo totalmente “digitale”. Non si tratta di un paradigma totalmente innovativo in quanto, a partire dalle filiere, giungendo al fine linea produttivo dell’impresa capofila, alla logistica fino alla distribuzione, i processi avvengono con un controllo digitale. Tuttavia, la digitalizzazione in questo caso è un derivato necessario per la traduzione concreta del modello da attuare; un altro punto di attacco è far discendere strategie e processi da specifiche di progetto totalmente digital oriented.
Il commercio elettronico non è solo un’opportunità commerciale, ma quasi un obbligo. Se in Italia i volumi scambiati nel B2C nel 2016 hanno raggiunto i 20 miliardi di euro, in paesi come la Cina il valore è 25 volte tanto: 500 miliardi con un bacino 7 volte superiore. In Italia, nonostante il 95% delle imprese sia di piccole dimensioni, l’export è molto radicato nella manifattura e conta circa 89.000 aziende attive. Le maggiori criticità dell’export italiano sono dovuti alla concorrenza dei paesi emergenti e al bacino di destinazione che è prevalentemente europeo. Una circostanza quest’ultima, non favorevole considerato che la crescita dell’Ue ha mantenuto livelli asfittici negli anni 2000 e non dà segni di impennate imminenti. Ne discende che il raggiungimento di Americhe ed estremo oriente appare un obiettivo ineludibile per il tessuto imprenditoriale italiano. Alla luce di queste considerazioni, puntare sul canale elettronico per sviluppare l’export oltre Ue è una strategia “digitale” non di ripiego, ma robusta e sul tema sono stati effettuati diversi studi.
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