Con il controllo di Unipeg, Inalca (gruppo Cremonini) diviene il primo polo privato nel segmento della trasformazione della carne bovina in Europa. Si posiziona a livello internazionale con un fatturato che dovrebbe aggirarsi attorno ai 2 miliardi di euro (di cui 1,47 miliardi di euro di Inalca e 410 milioni di euro di Unipeg), e una quota di mercato domestico significativa pari al 24%, secondo Databank. Una percentuale importante che chiaramente va a modificare anche gli equilibri all’interno del settore della carne, che (si veda a tal proposito quanto pubblicato su Mark Up n. 250 alle pagg 47-56) sta vivendo una fase di reazione dopo un lungo periodo sostanzialmente difensivo. Di questo, e non solo, abbiamo parlato con Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Inalca.
Oggi avete una posizione di indiscusso primato nel comparto, anche in termini di market share. Qualche competitor avrà storto il naso ...
Non vedo francamente perché. Voglio rispondere in proposito non con le mie parole, ma con quelle dell’Antitrust. Ecco quanto riportato nel Bollettino Antitrust n. 16, del 16/5/2016 “... la presente operazione, pur comportando la concentrazione tra il primo e il secondo operatore nazionale nel settore delle carni bovine, non appare idonea a provocare effetti tali da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza sui mercati interessati”. In altri termini, l’Antitrust ci ha dato l’ok a procedere all’acquisizione perché, anche mettendo insieme tutta questa nostra capacità produttiva, arriviamo ad una percentuale di concentrazione che è lontana dal determinare una riduzione della libertà di concorrenza.
Per essere precisi, di che quota di mercato stiamo parlando?
La percentuale, sempre da quanto espresso dall’Antitrust, può variare a seconda delle fonti cui si fa riferimento. Se ci atteniamo alle rilevazioni Databank, per esempio, parliamo di una quota del 24% circa, un dato che la stessa autorità garante della concorrenza e del mercato giudica sovrastimato, in quanto basato su una valutazione del valore complessivo del mercato pari a circa 2,7 miliardi di euro, che risulta di gran lunga inferiore a quella desunta da altre fonti. Per Ismea, per esempio, il mercato dell’industria di macellazione avrebbe un valore di circa 3,9 miliardi: la quota complessiva sarebbe quindi pari al 17% circa. Qualunque dato si voglia considerare, parliamo comunque di percentuali lontane dal generare qualsiasi preoccupazione e soprattutto ben lontane a quelle esistenti in altri Paesi comunitari in cui il settore è meno frammentato.
Si tratta comunque di numeri importanti, che potranno offrire nuovi stimoli al vostro business...
La valenza strategica del progetto è indubbia, innanzitutto perché ci consente di dar vita a un nuovo polo agrozootecnico interamente italiano in grado di competere a livello internazionale e, quindi, valorizzare al meglio la nostra produzione. Le nostre radici produttive sono rappresentate dagli allevamenti italiani, con un network oggi ancora più vasto grazie all’inclusione di quella che è la rete Unipeg. Contestualmente, consolidando, razionalizzando e anche specializzando sia gli impianti produttivi di Inalca sia, oggi, quelli derivanti da Unipeg, abbiamo creato una struttura molto più efficiente nel valorizzare e nel premiare il lavoro quotidiano, per niente semplice, dei nostri allevatori.
Ci spieghi meglio questo punto.
Unipeg ha sempre fatto un mestiere molto tradizionale di vendita alla gdo e al normal trade di carne bovina; Inalca si è invece caratterizzata dall’aver sempre associato a tale attività tradizionale una industrializzazione spinta della produzione. In questo senso ricordo che siamo leader in Europa nella produzione di hamburger e tra i primi nella carne in scatola. Nella fattispecie, produciamo oltre 100.000 tonnellate all’anno di hamburger e 200 milioni di scatolette, con 7.200 referenze di prodotto (con i marchi Montana, Manzotin, Ibis e CorteBuona). Credo che il dato più interessante per far capire il nostro modello è che Inalca ottiene da ogni singolo bovino circa 3.000 differenti articoli contro le poche centinaia di un nostro concorrente medio. Questo perché ciascuna parte dell’animale e ciascun taglio vengono differenziati e diversamente valorizzati in tutti i canali commerciali che riusciamo a coprire e nei numerosi mercati mondiali in cui commercializziamo i nostri prodotti. Per far questo servono volumi e processi di trasformazione industriali avanzati che ora mettiamo al servizio anche del bacino di allevatori di Unipeg.