Mai come in questi ultimi anni i media hanno rivolto tanta attenzione al cibo, in ambito gourmet, ma anche per quanto riguarda gli aspetti inerenti a sicurezza, salute e benessere. E i consumatori, mai come di questi tempi, in cerca di buoni auspici per un futuro dipinto a tinte fosche, chiedono rassicurazione almeno per quanto riguarda la soddisfazione di uno dei bisogni primari: l’alimentazione. Se a questo aggiungiamo la continua attenzione per la linea, e più in generale per la forma fisica, l’aumentata esigenza di prevenzione in vista di un’aumentata longevità, e il proliferare di patologie quali allergie e intolleranze, ecco che al cibo si chiede sempre di più: bontà, sicurezza, comodità d’uso e -ultimo ma non da meno- proprietà nutrizionali al limite del miracolistico. Ma si sa, noi ricchi occidentali non mangiamo solo con la bocca, ma anche con la mente, e quindi spesso l’importante è crederci.
Sulle tavole degli italiani arrivano sempre più cibi freschi (o perlomeno surgelati), meno carni (a partire dalle rosse, in calo del 5% l’anno), più pesce e più proteine vegetali. Soprattutto rimane alta l’attenzione nei confronti dell’offerta di prodotti biologici, capace di rispondere trasversalmente alle paure del target attento a sicurezza/salute (no fitofarmaci, no antibiotici, ogm free), ma anche per l’ambiente e il benessere animale. Chi poi ha l’esigenza di soddisfare un bisogno specifico (reale o presunto) si rivolge verso l’offerta free from (senza sale, senza zucchero, senza glutine ecc), mentre soprattutto tra giovani e giovanissimi (evidentemente affamati anche di ideali) prendono piede scelte più radicali come quella dei vegetariani/vegani/crudisti. Stili di vita e di consumo che spesso si intrecciano tra loro rafforzandosi vicendevolmente e che non disdegnano di intercettare fattori di scelta più trasversali quali origine italiana, tipicità, km0, denominazione di origine, equosolidarietà, ecocompatibilità (non solo per quanto riguarda l’imballaggio).
La spesa alimentare degli italiani sta cambiando, in bilico tra paura e fiducia. Lo dimostrano in primo luogo i trend registrati dai segmenti salutistici, che in netta controtendenza rispetto all’andamento del grocery nel suo complesso (+2,8% il 2015 sul disastroso 2014, dati Nielsen), mostrano incrementi a doppia cifra. Ovvio, quindi, che industria e distribuzione non possano trascurare di coltivare segmenti tanto emergenti quanto profittevoli in termini di marginalità. La R&S delle aziende si concentra in quest’area, come abbiamo potuto constatare dalle numerose novità di prodotto presentate nell’ultimo anno alle fiere di settore nazionali e internazionali e di pari passo è in continua espansione lo spazio espositivo riservato a queste merceologie -peraltro quasi sempre inserite a scaffale accanto alle corrispettive opzioni convenzionali.
L'articolo completo su Mark Up n° 251