Una maggior integrazione della farmacia nel sistema salute nazionale, per esempio tramite la presa in carico del paziente, così da favorire una “pharmaceutical care” effettiva ed efficace, con evidenti impatti positivi sulla popolazione e sulla spesa sanitaria. Questo l’auspicio di Leonardo Ferrandino, amministratore delegato Gruppo Admenta Italia (proprietario del marchio Lloyds Farmacia), per il futuro del canale farmacie.
Come prevede cambierà il mercato con l’approvazione della legge che permetterà l’ingresso di capitali nelle farmacie?
Credo che l’introduzione di risorse private possa portare innovazione e stabilità all’intero settore. Ritengo infatti che un’aggregazione possa far bene, indipendentemente dalla forma, vale a dire proprietà diretta o affiliazione. Ciò che conta è che il comparto investa e si evolva; soprattutto è importante una maggiore armonizzazione tra farmacie e struttura sanitaria pubblica, oggi non ancora propriamente realizzata. Ma per capire quale sarà il futuro del settore, molto dipenderà da come si pronuncerà il legislatore nei prossimi mesi. Per esempio, si parla tanto di farmacia dei servizi, eppure a tutt’oggi il nostro canale non può ancora esprimere appieno le sue potenzialità all’interno del servizio sanitario: il nocciolo del problema, secondo me, è tutto lì. E se la liberalizzazione può essere un elemento ulteriore per spingere in questa direzione, perché no?
Ci spieghi meglio...
Nonostante nel comparto si continui ad insistere sui temi della pharmaceutical care e della compliance del paziente, il farmacista non ha, oggi, accesso al registro del paziente e, più in generale, non è presente nella filiera della primary care. Credo, invece, che questa potrebbe essere un’opportunità per l’intero sistema salute italiano, perché garantirebbe un miglior servizio per i cittadini e meno ospedalizzazione, per un alleggerimento delle stesse strutture sanitarie. Anzi, in questo caso, il nostro canale potrebbe giocare un ruolo importante. Del resto, nel nostro Paese, le farmacie coprono il territorio in maniera capillare, arrivando anche nei luoghi più isolati. Oggi, con la digitalizzazione, mettere in rete tutte queste farmacie potrebbe diventare relativamente semplice. Quindi fornire un servizio di monitoraggio e presa in carico del paziente, fatto con la professionalità del farmacista, potrebbe rappresentare non solo un vantaggio, ma anche una soluzione per dare una marcia in più, in termini di innovazione e di efficienza, al mondo dell’health care nazionale.
In quest’ottica, ritiene che un modello distributivo come quello proposto da Walgreens in Usa potrebbe diventare realtà anche in Italia?
Stiamo parlando di contesti estremamente diversi. É evidente che il modello Walgreens va calato e adeguato al contesto locale, ma non è da escludere che si possa lavorare di più in questa direzione anche in Italia: come dicevo, molto dipende dalla volontà del legislatore di fare in modo che la farmacia diventi una struttura maggiormente inte-grata con il sistema salute italiano. Credo che da questo punto di vista non si sia fatto ancora abbastanza. Ciò detto, comunque, non possiamo dimenticare che già oggi anche in Italia assistiamo ad una duplicazione della distribuzione farmaceutica su diversi canali, quali quella diretta, quella per conto terzi e quella Pht (farmacie).
Vogliamo parlare delle parafarmacie della gdo?
Siamo presenti nei corner della grande distribuzione (catena Iper, La grande i) con 17 punti di vendita dove l’offerta assortimentale che proponiamo (OTC e parafarmaci) è diversa da quelle delle farmacie con la nostra insegna. Del resto, siamo convinti che la farmacia debba mantenere l’esclusività della prescrizione del farmaco, in una logica di valorizzazione della professionalità e del servizio che può offrire questo canale.