di Jessika Pini
Prodotti fitosanitari senza domanda? Con la ripresa vegetativa di vigneti, frutteti e oliveti alle porte e l’imminente preparazione dei terreni alle semine una larga fetta del mondo agricolo italiano non possiede i requisiti di legge per utilizzare prodotti fitosanitari. Una situazione che, se non risolta tempestivamente, potrebbe generare gravi danni alle varie campagne agricole del 2016 con prevedibili conseguenze sui prezzi e sul mercato. Il problema è sollevato dall’associazione nazionale dei commercianti dei prodotti per l’agricoltura (Compag), secondo le cui rilevazioni il 70% delle aziende agricole non dispone del patentino per l’acquisto di prodotti fitosanitari professionali o lo possiede scaduto. I dati raccolti da Compag delineano una situazione disomogenea nel Paese: ci sono aree virtuose, dove tutto è in regola e altre per le quali nemmeno le Regioni, che dovrebbero avere il controllo della situazione, si preoccupano di monitorare.
Cosa è successo? Lo scorso 26 novembre è diventato operativo il Piano d’azione nazionale (Pan) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari che, recependo la normativa europea, prevede l’obbligo per gli utilizzatori professionali, i consulenti e i distributori di possedere un certificato di abilitazione all’utilizzo e alla vendita degli agrofarmaci professionali, il cui ottenimento deve avvenire attraverso la frequenza di un corso e il superamento di un esame finale. Nulla di troppo diverso da quanto già prevedeva la normativa italiana, per la quale l’uso e la vendita dei fitofarmaci da parte degli utilizzatori professionali e dei distributori era subordinato a un percorso formativo di base, per l’ottenimento del patentino, e a corsi di aggiornamento ogni cinque anni, per il suo rinnovo. La novità è che il Pan ha reso più stringente la norma, estendendo l’obbligo del certificato di abilitazione anche ai consulenti, ma soprattutto allargando a tutti i prodotti professionali (non solo a quelli molto tossici, tossici e nocivi) l’obbligo di possesso del patentino per la vendita e l’acquisto.
Il punto è che prima del 26 novembre scorso il 70% dei prodotti era in libera vendita. Compag denuncia l’impossibilità per molti operatori di mettersi in regola perché i corsi non ci sono o sono insufficienti. “Lo Stato – afferma il presidente Compag Fabio Manara – ne ha demandato l’organizzazione alle Regioni, e queste si sono perse in una pletora di organi territoriali come l’ispettorato agrario, la Forestale, le Ulss, l’Avepa o altri enti di formazione che avrebbero dovuto rispondere alle richieste, ma non lo hanno fatto”.
Il problema, se di problema si tratta, sarebbe urgente per i produttori ortofrutticoli e i viticoltori che hanno l’esigenza di iniziare le azioni di lotta integrata a scopo preventivo e potrebbe diventarlo anche per gli olivicoltori se non si interviene per una soluzione in tempi molto rapidi. al momento le operazioni di difesa sugli olivi sono o di potatura oppure effettuate con prodotti a base di rame in libera vendita.
Riflessione: il silenzio delle organizzazioni di produttori induce a pensare che certe consuetudini di vendita non si siano interrotte con il restringimento della normativa.