6 lezioni strategiche dal Salone della csr e dell’innovazione sociale 2024

Sostenibilità
Tutte le dimensioni della sostenibilità oggi tra buone pratiche, numeri, sfide cruciali e nuove normative di cui le aziende dovranno tenere conto

La sostenibilità, come ormai noto, ha tre volti che devono andare armoniosamente a braccetto: ambientale, sociale ed economico. Se "si toglie" a un fronte per dare all'altro, magari inconsapevolmente e per mera mancanza di contezza rispetto a tutte le esternalità delle proprie azioni, è evidente che di sostenibilità non si possa effettivamente parlare.
In un mondo di gesti e business altamente interconnessi ricostruire i tortuosi rapporti di causa ed effetto, per capire dove e come intervenire, è sicuramente la grande sfida. Sfida che, per le stesse ragioni, è evidente vada affrontata collaborando e facendo rete.
Come ogni anno, il Salone della csr e dell'innovazione sociale prova a fare il punto della situazione sul tema tra numeri, buone pratiche aziendali e nuove normative.
A seguire vi proponiamo 10 highlights tratti da questa edizione 2024.

  1. I CONSUMATORI VOGLIONO LA SOSTENIBILITÀ, MA ANCHE IL SERVIZIO
    La sostenibilità ha due problemi di percezione: la pesantezza e la scomodità. I consumatori vogliono essere più sostenibili, ma non sono certo disposti a tornare al supermercato con 50 contenitori da riempire per essere più green. Ci vuole una via di mezzo tra green e comodità, o meglio componente di servizio, e laddove si adottino cambiamenti la comunicazione è essenziale per farli digerire. Marta Casella, sustainability manager di Carrefour Italia, ha affermato che l'azienda vorrebbe togliere i guanti usa e getta dal reparto ortofrutta, ma che per riuscirci sa che prima serve una certa sensibilizzazione, come è stato per il ritorno alle borse della spesa portate da casa. Insomma, bisogna informare, spiegare e farlo nel modo giusto, anche attraverso la gamification, conferma la stessa Casella, o il rischio è che diventi tutta una sorta di pressione stancante.
  2. DALL'AMBIENTE AI DIRITTI UMANI: LA RESPONSABILITÀ RISALE LA FILIERA
    L'approvazione definitiva della direttiva Ue denominata Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), nota anche con altri acronimi, cambio lo scenario della responsabilità delle imprese rispetto alle esternalità negative delle loro azioni su ambiente e persone. E non parliamo solo dei tipici e noti casi di filiere che affondano le radici nel Terzo Mondo, ma di casi anche tutti italiani, come hanno dimostrato i nostri casi di cronaca relativi al caporalato agricolo o quelli di Armani e Dior, a cui il Tribunale di Milano ha imposto l'amministrazione giudiziaria per aver agevolato lo sfruttamento del lavoro tramite subappalti a opifici cinesi (in Italia), evidenziando carenze nei loro sistemi di controllo (fonte: Assonime). Sarà sempre più necessario in futuro strutturarsi per monitorare al meglio la propria catena del valore (o disvalore), intervenendo nei punti critici e promuovendo migliori pratiche anche presso i fornitori. Una complessità notevole che vede infatti già diverse aziende impegnate sul tema, grazie anche alla partnership con il terzo settore e Ong capaci di fare da guida in tal senso. Un caso emblematico è quello di Bolton insieme a Oxfam, che si è concentrata in primis sull'Ecuador e che sarà portata avanti anche quest'anno per ulteriori sviluppi. Tra i tanti interventi attuati l'adozione di un salario minimo adeguato per i lavoratori e il codice di condotta per i pescherecci.
  3. GLI STANDARD ESG NON SONO UN COSTO MA UN MUST COMPETITIVO
    "Se la governance dell’azienda non è realmente impegnata su questi temi il rischio di 'washing' è dietro l’angolo. Nel nostro Paese assistiamo spesso a leader di settore che guardano con fastidio a dati standard esg: un approccio negativo che ci rende solo meno competitivi", sottolinea Francesco Billari, rettore di Università Bocconi, durante il convegno di apertura del Salone. Del resto, "gli italiani, rispetto ad altri europei, vedono più alti i costi delle misure a contrasto del cambiamento climatico rispetto ai costi di un mancato intervento (e la scienza ci dice che sbagliano ndr): il sintomo di una cultura da far evolvere", conferma Katia Cazzaniga, senior director Ipsos, citando a conferma i dati di una ricerca dell'azienda.
  4. CONTRADDIZIONI DA ACCETTARE, DISOMOGENEITÀ DA RISOLVERE
    Sempre secondo i dati Ipsos, vi è generale consapevolezza sulle contraddizioni insite in tutti i grandi cambiamenti, ma rispetto alla svolta sostenibile ve ne sono in particolare alcune ampiamente condivise. Un esempio? La costante spinta ai consumi attraverso i prezzi bassi, e in generale all’overconsumption e alla costante innovazione, opposta all’invito a consumare meglio e sprecare meno, ovvero all’economia circolare. Se da un lato ogni transizione ha una soglia di contraddizioni che temporaneamente convivono in essa, come normalità da accettare, dall'altro lato è ora di velocizzare la scelta su "chi vogliamo essere davvero" e agire con forza di conseguenza. Tra gli ostacoli principali allo step successivo, oltre all'aspetto culturale, si individua da più parti (consumatori, manager, istituzioni) la mancanza di linee guida globali e condivise.
  5. L'ECONOMIA CIRCOLARE COME RISPOSTA PIÙ AUTENTICA E VERITIERA
    Oltre 500 miliardi di tonnellate di materiali sono stati processati nell’economia globale durante gli ultimi sei anni e solo il 7,2% nel 2023 non è materia vergine ma di secondo uso o di riciclo. "Siamo in una situazione di over-consumo delle risorse planetarie sulla quale è indispensabile intervenire. Uno dei modi per farlo è creare partnership innovative, ovvero reti di attività aziendali che condividano l’obiettivo di ottimizzare le risorse, generando impatto positivo sul territorio", evidenzia Erika Colciago, general manager di LifeGate, ribadendo come l'economia circolare sia la prima e più autentica soluzione sulla quale investire in ottica di transizione green (e non solo).
    Gli esempi di chi si sta impegnando in tal senso non mancano, come quanto fatto da Carrefour a livello globale con i propri fornitori attraverso il Food Transition Pact, giunto a un nuovo capitolo a sei anni dal lancio. Stesso discorso per il lancio nel 2024 da parte di Nespresso delle nuove capsule compostabili, che si aggiungono al progetto "Da chicco a chicco" già in essere per quelle in alluminio.
  6.  LA DE&I NON È UNA BANDIERA, MA UNA STRATEGIA DIFFUSA
    Il momento della DE&I come moda è ormai passato e chi è salito a bordo per spirito di conformismo e utilitarismo è stato dimenticato o, peggio, mal considerato nel lungo termine. La conferma arriva dai dati del Diversity Brand Index 2024 di Focus Management e Associazione Diversity presentati dal professore Emanuele Acconciamessa (Università Bocconi). Cala, infatti, il numero di brand citati come inclusivi dagli italiani, a conferma che la loro sensibilità sul tema si sta affinando. E se per molti settori (come la gdo) e molte realtà medio-piccole (la maggioranza in Italia), la strada da fare è ancora tanta, i casi virtuosi da cui trarre ispirazione, anche nel nostro Paese, non mancano. Da Carrefour a Lidl, da Barilla a Kranf-Heinz, se ne è parlato durante la tavola rotonda moderata dalla direttrice di Mark Up Cristina Lazzati durante il Salone.

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